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Il mio capolavoro

Regia di Gastón Duprat vedi scheda film

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La recensione su Il mio capolavoro

di laulilla
8 stelle

Film che per l'originalità, la ricchezza dei colpi di scena che ribaltano continuamente le attese, la coerenza della narrazione, mi è parso bene collocarsi all’interno della tradizione argentina del racconto di truffe e raggiri grottesco, spiazzante e molto divertente, che ha avuto in Fabián Bielinsky uno dei più interessanti registi

 

Gaston Duprat, l’apprezzato regista che, insieme al suo inseparabile compagno di regia Mariano Cohn (entrato questa volta nella produzione del film), nel 2016 ci aveva presentato il bellissimo Il cittadino illustre, mette al centro di questo lavoro ancora una riflessione sull’arte e sull’artista nel mondo d’oggi, raccontando le vicende di Renzo Nervi (bravissimo Luis Brandoni), pittore che nella prima parte del film efficacemente incarna la diffusa convinzione secondo la quale l’artista è inevitabilmente inattuale, incapace perciò di accettare i mutamenti della società del proprio tempo e di occuparsi della quotidianità.

Vive a Buenos Aires il nostro Renzo, nell’ alloggio-atiélier un po’ da rigattiere e un po’ da creativo, molto, in realtà, da genio e sregolatezza, stereotipo convenzionale dell’artista maudit che un tempo andava di moda. Egli non potrebbe sopravvivere, però, senza l’aiuto del gallerista Arturo da Silva (Guillermo Francella, davvero eccellente), suo grande estimatore e amico da lunga data, promotore della sua materica pittura, espressione la più genuina del comune radicamento nel paese sudamericano. Arturo Da Silva è un intellettuale cui non mancano gusto, cultura e fiuto per gli affari: qualche anno prima, quando le opere di Renzo si vendevano molto bene, la sua galleria era andata a gonfie vele; ora che i suoi quadri sembrano troppo vecchi per incontrare i gusti dei giovani compratori, Arturo sente il dovere di aiutarlo, ma è costretto ad assecondare le volubili preferenze dei collezionisti e a collocare perciò al fondo della sua  galleria le opere dell’amico.

Ai due amici, che sono i principali personaggi del film, il regista affianca Alex (Raúl Arévalo, molto credibile nella parte dell'ingenuo un po' tonto), giovane di recente diplomato, aspirante pittore e ammiratore di Renzo Nervi, al quale vorrebbe inutilmente carpire i segreti professionali. Alex è soprattutto un ingenuo che ignora tutto del mondo e degli uomini, ma vorrebbe cambiare e migliorare l’uno e gli altri; ha molta fiducia nel pittore, che non lo stima affatto e lo sfrutta per riordinare e ripulire l’appartamento in cui vive.
Un incidente stradale imprevisto, il ricovero in ospedale di Renzo in gravissime condizioni, la sua sparizione misteriosa e l’impennarsi del valore delle sue opere in seguito alla notizia della sua morte danno ad Alex la certezza che Arturo abbia ordito un piano diabolico per eliminare l’amico pittore e guadagnare sulle opere rimaste in galleria e su quelle che un esercito di falsari sta immettendo sul mercato.

Il giovane ha con ogni evidenza capito molte cose sul funzionamento del mercato delle opere d’arte e sul loro “valore”, ma è quanto mai lontano dalla verità, molto più semplice di ogni logica complottistica e del tutto in linea con la natura degli uomini, non certo immacolata come la sua coscienza, ma molto spesso, purtroppo, incline a trasgredire clamorosamente alcune leggi morali.


Ci sarà pure un giudice a Buenos Aires, però!  C’è, infatti, ma l’ultima parola l’avrà ancora il mercato, cosicché le opere di Renzo (vere o false?) continueranno a rivalutarsi.

 

Evito altre rivelazioni che guasterebbero il piacere della visione di questo film che per l'originalità, la ricchezza dei colpi di scena che ribaltano continuamente le attese, la coerenza della narrazione, mi pare bene collocarsi all’interno di una tradizione argentina del racconto di truffe e raggiri grottesco, spiazzante e molto divertente che ha avuto in Fabián Bielinsky (penso a Nove regine e all'altro suo film, El Aura ), precocemente scomparso, uno dei più interessanti registi.
Il film ha lo sviluppo di una giocosa commedia che talvolta, verso la fine, sembra colorarsi di giallo, ma è in realtà anche un gran bel film sulla lealtà che mai si incrina nel rapporto fra gli amici, oltre che una pungente satira del mercato dell’arte contemporanea e dei critici d’arte ai quali la rete sembra offrire insperate possibilità di manipolazione della pubblica opinione. Da vedere!

 

 

 

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