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Il volto

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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FABIO1971

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La recensione su Il volto

di FABIO1971
8 stelle

"Giorno su giorno su giorno ognuno avanza incontro all'oscurità. E questo procedere è la sola verità che esista".
[Bengt Ekerot a Max Von Sydow]

Svezia, 1846. La carrozza di una comitiva di illusionisti, la compagnia "medico-ipnotica" guidata dal muto ed inquietante Vogler (Max Von Sydow), è in viaggio verso la capitale. Oltre al titolare ne fanno parte sua moglie Manda (Ingrid Thulin), che si esibisce truccata da uomo col nome di Aman, sua nonna (Naima Wifstrand), esperta nelle arti magiche, l'istrionico Tubal (Åke Fridell) e il giovane Simson (Lars Ekborg). Attraversano una foresta, si fermano per cercare la mandragora, la pianta dai poteri soprannaturali delle leggende popolari, si imbattono in un uomo, Johan Spegel (Bengt Ekerot), un attore malato che attende la propria morte: lo accolgono insieme a loro sulla carrozza e ripartono. Durante il tragitto Vogler fissa insistentemente il volto di Spegel (cioè "specchio"...): "Volete cogliere il momento supremo, vero? Guardatemi, allora", è l'esortazione che l'attore gli rivolge prima di spirare, "cercherò di aprire il mio volto alla vostra curiosità". La compagnia è in cattive acque: sono senza soldi e ricercati dalla polizia, ma riescono ugualmente ad arrivare in città, dove devono esibirsi in uno spettacolo di magia e magnetismo. Le autorità cittadine, il console Egerman (Erland Josephson), cultore, insieme alla moglie Ottilia (Gertrud Fridh), delle scienze animistiche, il capo della polizia Starbeck (Toivo Pawlo) e il dottor Vergerus (Gunnar Björnstrand), consigliere medico, li accolgono per interrogarli, preoccupati dalla fama di mesmerista e stregone di Vogler. Non si fidano, prima di accordargli il permesso di esibirsi pretendono un'anteprima privata del loro spettacolo nei saloni della residenza del console, dove vengono ospitati ed alloggiati per la notte in attesa della rappresentazione del giorno successivo. La compagnia trascorre la serata nelle cucine, insieme alle cuoche della casa, Sara (Bibi Andersson) e Sanna (Birgitta Pettersson), e al resto della servitù, la capocuoca Sofia (Sif Ruud), il tuttofare Rustan (Axel Düberg) e lo stalliere Antonsson (Oscar Ljung). Le schermaglie amorose tra gli uomini della compagnia e le donne della casa animeranno la lunga nottata che li attende. Rustan ed Antonsson, invece, sembrano diffidenti:
"Se potessi li frusterei a sangue: i ciarlatani mi danno repulsione, i loro volti mi rendono furioso".
"I loro volti?".
"Sicuro! Guarda quel Vogler, ha un volto che mi ispira un'irresistibile tentazione di picchiarlo".
"Già... La faccia di Vogler".
"Sì, i loro volti hanno qualcosa di insondabile".
Durante la notte riappare anche Spegel, che inizia ad aggirarsi furtivamente nei locali e i corridoi della residenza del console. Spiega a Vogler la ragione della propria presenza:
"Non ero morto, ma ho preso a vagare sulla Terra. In verità, ho più successo come fantasma che come uomo, sono diventato molto più convincente: non lo sono mai stato come attore. Un'ombra di un'ombra...".
Vergerus, scienziato positivista, li osserva e li studia attentamente, si avvicina a Manda, la incalza:
"Voi rappresentate ciò che io di detesto più di tutto: l'inesplicabile".
"Allora potete troncare la vostra avversione: la nostra attività è tutta un inganno, dal principio alla fine".
"Come un inganno?".
"Simulazioni, lanterne magiche, doppi fondali. Tutte sudice ed indegne bugie, siamo una marmaglia ridicola e grottesca".
"Vostro marito la pensa così?".
"Non può parlare".
"È la verità?".
"Niente è verità".
Finchè l'enigmatico Vogler, sfidato da Vergerus, rivela, in una suggestiva sequenza, il suo vero volto: lo spettacolo privato del mattino sbalordirà (e terrorizzerà) tutti i partecipanti.
L'arte, quindi, come illusione: maschere, travestimenti, trucchi, filtri amorosi, specchi, l'ossessione della finzione trasfigurata nelle movenze lievi e giocose della commedia e nell'impianto allegorico, nei simbolismi e nelle architetture oniriche che sorreggono la narrazione. Con Il volto Bergman avvia le proprie riflessioni (che proseguiranno, variamente articolate, con Persona e Il rito) sulle menzogne e gli inganni che sottendono ogni "messinscena", demolendo le certezze dei suoi personaggi ponendoli semplicemente di fronte (le magie di Vogler e il razionalismo di Vergerus) l'uno contro l'altro per smascherarne lentamente la rispettiva artificiosità: la rivelazione finale non potrà che sorprendere, perchè finalmente ogni volto potrà apparire mostrando la propria natura reale. Spiazzando, ribaltando aspettative e previsioni, pregiudizi e logiche inattaccabili, polverizzando ogni certezza, Bergman (si) diverte con arguzia e raffinatezza senza appesantire eccessivamente gli incastri di metafore e suggestioni che articolano gli sviluppi della vicenda: le atmosfere cupe ed inquietanti, le dispute teologiche sul visibile e l'invisibile, la critica alle prevaricazioni del Potere, la carnale passionalità dell'amore e del sesso, le speculazioni metafisiche, traggono linfa vitale dalla leggerezza di toni che anima la messinscena, (con)fondendosi in una dissacrante pantomima di irresistibile e frenetica vitalità. Magnifica fotografia di Gunnar Fischer, splendida colonna sonora di Erik Nordgren (entrambi fidati collaboratori di Bergman), cast d'interpreti sontuoso ed affiatato (con uno straordinario Bengt Ekerot), Premio speciale della Giuria al Festival di Venezia.

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