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Il dubbio - Un caso di coscienza

Regia di Vahid Jalilvand vedi scheda film

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La recensione su Il dubbio - Un caso di coscienza

di OGM
7 stelle

Le domande sono un lusso. Le certezze sono per i più poveri. E fanno ugualmente male.

Quando il dilemma personale si intreccia con i problemi sociali, il cinema è quasi sempre iraniano. Questo Paese, costretto a interiorizzare la propria modernità, l’ha saputa rivestire di un’antica, riservata dignità, che pensa all’uomo come ad un soggetto ferito, indotto a nascondersi, ad avvolgersi in un’apparenza che allontana la verità e inutilmente divide. Il medico e il povero. L’uomo e il bambino. La scienza e la rabbia. Ci si dimentica di essere uguali, uniti forse dalle stesse colpe, dagli stessi errori. Tutti possono sbagliare, causando la morte di un innocente. Ma un identico dubbio richiede ad ognuno una reazione diversa, conforme al suo ruolo, alla portata delle sue forze, all’altezza delle aspettative che su di lui si riversano. La ragione di chi sa e può sceglie vie silenziose e traverse, che perseguono le certezze nel segreto, e nel segreto possono farle affondare. Un’autopsia si può rifare, modificare, decidendo se e come rivelarne l’esito. L’accusa di una madre, invece, non ammette scampo, esplode subito in disperazione, si risolve in rancore  e violenza, annulla ogni possibilità di pensare.  Questo racconto si svolge in due mondi  separati, che, una sera, per caso, si incontrano, e subito si lasciano, per proseguire la storia lungo due disgiunti cammini. All’indomani di un incidente stradale, un bambino perde la vita per una lesione vertebrale. Forse è colpa del dottore che, con la sua auto, ha urtato la motocicletta su cui il piccolo viaggiava con i suoi genitori. O forse è conseguenza di un’intossicazione alimentare, causata da un pollo contaminato, uno scarto di lavorazione comprato dal padre per risparmiare. C’è chi può arrovellarsi nell’inquietante interrogativo, e chi, invece, non vede che una sola versione dei fatti, una crudele realtà sbattuta in faccia senza pietà, inflessibile ed umiliante come lo schiaffo quotidiano della miseria.  Il film lascia che le due prospettive procedano ognuna per la sua strada, con le loro opposte espressività, fatte l’una di pensieri taciti, l’altra di azioni eclatanti. Romanzo intimista e teatro realista sono i due volti della stessa profonda psicologia, di una crisi della coscienza  e di una frattura dell’anima che, in un caso,  continua a scavare, nell’altro deborda in una manifesta follia. Rimozione e furia rappresentano i sintomi patologici di un discorso spezzato, di una comunicazione impossibile, ai due capi di un filo che un trauma storico ha consegnato al vento: un’aria ora  ferma, dentro uno strano universo in cui Dio, un giorno, è passato, per livellare il paesaggio e ridurlo in macerie.   

 

Navid Mohammadzadeh

No Date, No Signature (2017): Navid Mohammadzadeh

 

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