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Cell Block 99 - Nessuno può fermarmi

Regia di S. Craig Zahler vedi scheda film

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La recensione su Cell Block 99 - Nessuno può fermarmi

di mck
8 stelle

Mo' so' gran cazzi seri al blocco di celle 99.

 

 

Una bellissima coppia di ex-drogati (alcolismo), con un aborto alle spalle, entra in crisi. È da un pezzo che non scopano, e lei, Lauren (Jennifer Carpenter; “Dexter”), sopperisce alla mancanza regalando a lui un palco di corna, e lui, Bradley (Vince Vaughn; "Psycho", "InTo the Wild", "True Detective - 2") - che se n'è accorto passeggiando col sole alle spalle -, un ragazzone tutto casa, chiesa e (ma solo all'occorrenza, eh) traffico internazionale di droooga (la stessa droooga che si mangia la vita dei vostri figli, fratelli e amici), appena licenziato dal carrozziere per cui lavora perché “C'è grossa crisi su questa Tèra”, no (forse gli basta grattarsi la croce tatuata sulla nuca rasata della capoccia pelata), però le specchietta e scofana la macchina a mani nude (perché, oltre ad essere alto 6 piedi e 5 pollici, vale a dire, secondo un metro di misura cristiano, 1 metro e 96 centimetri, “C'ha i pugni nelle mano”). 

 

 

Esagererò, dicendo che, forse, “Brawl in Cell Block 99”, l'opera seconda, dopo “Bone TomaHawk” - ed entrambi i film durano oltre le due ore e scorrono, questo ancor più del primo, alla perfezione senza un attimo di stanca o riposo - e prima di “Dragged Across Concrete” (che titolo meraviglioso), di S.(teven) Craig Zahler [che, al solito, si occupa di regia, sceneggiatura e, con Jeff Herriott, musiche; mentre, come sempre, la fotografia (violenta solarizzazione/sovraesposizione blu metallica) è affidata a Benji Bakshi e il montaggio a Greg D'Auria, traghettato da Tarantino a Zahler per mezzo di Fred Raskin (“Django Unchained”, “Bone Tomahawk”, “the Hateful Eight”)], è l'epitome del - se non il primo, vero - film (per l'appunto) “tarantiniano” da 20 anni a questa parte (se si esclude, in parte, e per ovvie ragioni, “Natural Born Killers”).  

 

 

Dialoghi, punti di ripresa, stile di montaggio (con in più, annesse, alcune piccole pecche di continuità, che non disturban troppo, mentre invece la sospensione dell'incredulità, ovviamente, non c'entra, e paradossalmente non entra, mai, nemmeno in gioco: il film è volutamente parossistico, passando concentricamente ed inesorabilmente da Cassavetes/Scorsese a Herschell Gordon Lewis: il suo percorso è linearmente e letteralmente incredibile) e caratterizzazione dei personaggi creano un'atmosfera ammaliante, rutilante, donsiegel/robertaldrichiana: ognuno dei vari colloqui che affronta il protagonista girone dopo girone sono rimarcabili e bellissimi.  

 

 

18 mesi dopo, lei è entrata nel 3° trimestre di gravidanza e lui contratta le ferie col suo nuovo...boss. Poi tutto collassa, perché la nascitura è figlia di due genitori non troppo svegli (egoisti e generosi a fasi alterne), mentre la stars&stripes sventola, un chirurgo abortista sperimenta tecniche hieronymus(de)boschiane, lo spettatore viene trascinato sul cemento (ossa rotte, cuore infranto) e accade il finimondo al blocco di celle 99.  

 

 

Cast “secondario” da urlo: Udo Kier (Rainer Werner Fassbinder, Lars von Trier, Gus Van Sant, Werner Herzog), Don Johnson ("Miami Vice", "the Hot Spot", "Django Unchained", "Cold in July"), Mustafa Shakir (“the Night of”, “Quarry”, “the Deuce”), Fred Melamed (Woody Allen, Joel & Ethan Coen, “Bone TomaHawk”, “Fargo - 3”, e qui in una scena che omaggia il Frank Oz di “the Blues Brothers”), etc..., tutti quanti o quasi, assieme a Mel Gibson, Laurie Holden e agli stessi Vince Vaughn e Jennifer Carpenter, nel prossimo “Dragged Across Concrete” (l'ho già detto ch'è un titolo splendido?).  

 

 

Un film che vi spezzerà (anche) il cuore, non (solo) le (altre) ossa. 

 

* * * * ¼   

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