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Ore 15:17 - Attacco al treno

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Ore 15:17 - Attacco al treno

di Malpaso
7 stelle

Eastwood sembra voler mostrare un sistema di idee basilare che, nel migliore dei casi, partorisce comunque esseri umani votati al bene. Ovviamente, tutto il discorso critico riguardante il sistema assuefatto dalla violenza costituisce un’appendice al racconto principale.

Eastwood, a dispetto di quanto possa sembrare dalle sue uscite pubbliche, non può certamente vantare una chiara posizione politica in caso ci si dovesse limitare alla visione della sua sterminata filmografia dietro la cinepresa. D’altronde stiamo parlando di un regista che in pochi anni è passato da una possibile apertura democratica (Gran Torino, Lettere da Iwo Jima) per poi tornare ad un’apparente chiusura conservatrice (American Sniper). Questa non sarà una recensione politica, eppure il cinema di Eastwood non ha mai potuto prescindere da una netta presa di posizione: anche questo Ore 15:17 – Attacco al treno si mostra sfacciatamente come l’ennesimo manifesto patriottico di un autore mai così attivo nell’encomio del mondo militare statunitense.

 

Qualsiasi spettatore non americano, inclusi i ferventi sostenitori del cinema eastwoodiano (come il sottoscritto), non potrà che constatare la retorica banalità di questa prima impressione superficiale dell’opera. Eppure, il regista semina dei dubbi lungo la pellicola, tra bambini lasciati liberi di amare la guerra e adulti ignoranti convinti che il suicidio di Hitler fu causato dall’arrivo imminente delle truppe americane, anziché sovietiche. Un po’ come la morale sempliciotta del soldato Chris Kyle interpretato da Bradley Cooper, Eastwood sembra voler mostrare un sistema di idee basilare che, nel migliore dei casi, partorisce comunque esseri umani votati al bene. Ovviamente, tutto il discorso critico riguardante il sistema assuefatto dalla violenza costituisce un’appendice al racconto principale; l’autore stesso si definisce innanzitutto un narratore di storie e pare che negli ultimi anni i racconti di uomini comuni predestinati all’eroismo (Sully) e mossi da un innato senso del dovere a stelle e strisce (il più volte citato American Sniper) lo appassionino molto.

 

Così la sventata strage diventa il pretesto per raccontare la storia di un’amicizia rinsaldata sotto i colpi dei fucili da softair prima e dagli erotici lineamenti romani, sia umani che architettonici, dopo. Infatti buona parte del film racconta la normalità dei tre protagonisti, con tanto di Eastwood che omaggia il neorealismo italiano, sia nella scelta di rendere interpreti gli eroi stessi della vicenda che nell’anarchico stile di ripresa adottato nella parte ambientata nel belpaese. Tale scelta inusuale premia il regista, che in questo modo accentua l’eccezionalità dell’evento e la drammaticità del male.

 

Quindi è proprio nell’evidente contrapposizione tra bene e male che si espleta il fine di Ore 15:17 – Attacco al treno: la chiara lezione morale, il cinema che torna all’impegno civile e si rende come momento di riflessione condivisa, dando la possibilità al pubblico di riconciliarsi con un’idea di bene superiore. Così il finale retorico ma appagante rende secondario il fatto che con gli ultimi film di Clint Eastwood si abbia sempre l’impressione di trovarsi di fronte ad un’opera di propaganda bellica USA. Eppure i dubbi restano, per i motivi accennati sopra e, soprattutto, per l’inquietante strumentalizzazione messa in atto nella scena dopo i titoli di coda: uomini portati in trionfo, alla stregua dell’antica Roma; come scrisse Kundera, il kitsch ammalia ed acceca il popolo.    

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