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Smetto quando voglio: Ad honorem

Regia di Sydney Sibilia vedi scheda film

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La recensione su Smetto quando voglio: Ad honorem

di travis83
8 stelle

Siamo giunti, alla conclusione di questa trilogia, unica per come è stata concepita per il cinema italiano. Questo terzo capitolo chiude degnamente confermando una qualità di scrittura che con ironia focalizza bene il periodo storico italiano.

Pietro Zinni (Edoardo Leo) e la sua banda di ricercatori, sono tutti detenuti in diverse galere italiane. Arrestati ingiustamente, le 'migliori menti dei nostri tempi' sono ora chiamate a fermare  Walter Mercurio (Luigi Lo Cascio), intenzionato a fare una strage dopo aver sintetizzato il gas nervino. Quale sarà il suo piano criminale?

Sydney Sibilia, scrive la parola fine ad una trilogia che ha attinto a piene mani dal cinema di genere. Dalla classica commedia all'italiana del primo capitolo, siamo passati al poliziottesco che si fa western con il sequel, per poi finire con un prison movie che risponde a tutte le domande rimaste incompiute nei film precedenti. Un intreccio narrativo che prende l'ovvia strada dell'evoluzione altamente improbabile, tracciato su precise linee comiche che mai, dal primo all'ultimo minuto, osano prendersi sul serio.

La vera forza della serie è il cast della banda, ancora una volta, l'asse portante della pellicola. Così stralunati, folgorati, esageratamente forbiti, improvvisati eppure capaci di risolvere qualsiasi situazione, i 9 precari, aiutati dall'avvocato in diritto canonico sfacciatamente loro complice, sono un fiume in piena di battute brillanti e confronti esilaranti, con l'aggiunta di Angelo Seta, direttore del carcere, ossessionato dall'Opera, ultima novità di un cast perfetto. Ed è proprio la scena dell'Opera in carcere, una delle trovate più esilaranti, della pellicola.

Smetto Quando Voglio – Ad Honorem, sterza verso una conclusione reale, che si fa epica ma soprattutto coerente con quanto precedentemente avvenuto, scrivendo la parola fine nei confronti di un progetto ambizioso e complesso quanto innovativo per la nostra industria.

Una critica fatta con sottile ironia, rivolta ai Baroni universitari inadatti al cambiamento, nonché timonieri di un Sistema sempre più alla deriva, nei confronti di brillanti menti costrette alla fuga estera o al triste incubo del precariato.

Tutta la serie è stato un coraggioso, modo di sfruttare un genere come la commedia per denunciare lo stato di degrado dell'Università italiana. Un plauso ai creatori, la commedia italiana ha bisogno di queste produzioni, per ritornare ai fasti di un tempo.

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