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Sonatine

Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film

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La recensione su Sonatine

di FilmTv Rivista
10 stelle

L’estate di Murakawa è gentile, tenera e crudele. Ha la ferocia antica e immutabile delle leggi della yakuza. Ha l’incoscienza di un’innocenza negata e vissuta su un arenile di Okinawa, ultima spiaggia, capolinea di una vita ormai estranea al protagonista e agli uomini del suo clan. Ha la grazia ludica delle gare di tiro al frisbee, delle trappole nascoste nella sabbia, di una farsesca roulette russa, delle battaglie notturne con i petardi, della simulazione di incontri di sumo. Giocare come bambini invecchiati, pieni di paure, pronti a puntare una pistola e a fare fuoco perché nessuno può essere considerato un vero “tough guy” e soprattutto aspettare, accarezzare il vuoto, maestoso e dolce, nei quali i destini incerti dei personaggi possono essere risucchiati di colpo. Paesaggi, stanze, strade, città appaiono spogliati, quasi disabitati, attraversati, in campo lungo, da qualche rara automobile o da sagome di esseri umani impenetrabili. Le inquadrature hanno la compostezza seducente di un acquerello da contemplare e in cui, improvvisa e impetuosa, si accende la violenza, sbocciano fiori di sangue sui corpi, si cammina, senza un lamento o un gemito, verso la morte. Dentro un ascensore (una scena meravigliosa), seduti sul sedile posteriore di una macchina, in un night, tra due bicchieri di birra, legati e immersi nell’acqua fino ad affogare, durante un blackout in un albergo, dopo uno stupro. “Sonatine”, presentato nella sezione “Un certain regard” al Festival di Cannes nel 1993, è uno dei capolavori di Takeshi Kitano e anticipa la grammatica cerebrale del furore omicida di “Hana-Bi” e la grammatica emotiva del viaggio di Kikujiro alla ricerca della madre di Masao nel suo ultimo film. Le convenzioni dello “yakuza eiga” scoprono il valore del silenzio, sono tonificate dall’ironia e da un umorismo nero e astratto, rallentano e frammentano l’azione o accelerano, di scatto, i tempi del racconto, osservano, con rispetto, la tragica e inespressiva maschera di un Pierrot e del suo clan insabbiati ad Okinawa.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 27 del 2000

Autore: Enrico Magrelli

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