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At Cafe 6

Regia di Neal Wu vedi scheda film

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La recensione su At Cafe 6

di supadany
8 stelle

Far East Film Festival 19 – Udine.

At cafè 6 è l’esordio alla regia di Neal Wu, romanziere e sceneggiatore di Taiwan. Proprio le qualità legate alla scrittura risaltano apertamente, consentendo al film di rientrare nella rara casistica che vede varie tonalità coabitare in armonia tra loro - per lo più passandosi le consegne – lungo il corso di un centinaio di minuti, producendo un ampio ventaglio di reazioni, quasi sempre di segno positivo.

Guan Ming-lu (Zijan Dong) è un liceale abituato a cacciarsi nei guai, spalleggiando il suo migliore amico Xiao Bo-Zhi (Po-Hung Lin), se possibile ancora più insubordinato di lui.

Quando s’innamora di Xin-rui (Cherry Ngan), comincia gradatamente a maturare, ma il liceo volge al termine e l’ormai prossima avventura università è un ostacolo inderogabile. Comunque, sono entrambi sempre più determinati a portare avanti il rapporto che li unisce, sfruttando ogni piccola occasione per sentirsi e vedersi ma le insidie - scaturite dalla distanza e dalla crescita - sono sempre dietro l’angolo.

 

scena

At Cafe 6 (2016): scena

 

In At café 6, le risate copiose si sommano alla gioia delle scoperte adolescenziali e alle lacrime per i ricordi di ciò che è stato e di quanto non potrà mai (più) essere, fornendo una sommatoria che assomiglia a un ariete in grado di sfondare ogni possibile barriera (reticenza) che lo spettatore possa formulare.

Soprattutto, ognuno di questi frangenti vanta meriti eloquenti, senza che ci sia un punto debole facilmente identificabile, mostrando tutta la frenesia giovanile che porta a far danni e successivamente il suo lato più smaccatamente romantico, prima dolce e poi più malinconico, nel segno del tempo che scorre inesorabilmente, come il corso di un fiume dalla sorgente fino alla foce.

In questo modo, quando il focus è sull’amicizia tra liceali (e poi universitari), emerge tutta la loro gioviale stupidità, con il risultato di essere particolarmente comico, come se fosse un American pie traslocato a Taiwan, solo con un dono maggiore nel tessere la partitura (in aggiunta, è indimenticabile anche un viaggio in due sul motorino, il più assurdo dai tempi di Scemo e + scemo). A seguire, emerge il lato romantico ma ancora non del tutto consapevole, infine, ecco l’anima più delicata, che si deposita come la schiuma di latte nel cappuccino quando forma un cuore, con l’inevitabile nostalgia che prima o poi tocca chiunque, perché i rimpianti sono una parte che anche il più solare degli esseri umani possiede, in questo caso tenendoli nascosti dallo sguardo comune.

Queste anime convivono serenamente, tra ilarità e qualche scossone, rinvigorite dalla saggezza compositiva degli sceneggiatori, che disseminano aforismi pertinenti lungo tutto lo svolgimento (es. «Le distanze indeboliscono le persone non l’amore»), lavorando sulla leggerezza, inserendo scorci leggiadri, come una rissa scandita da musica classica, posando un mattone alla volta per quel che concerne la costruzione dell’arco sentimentale.

Più questo tracciato evolve, più aumenta il rischio pelle d’oca, con messaggi a chiare lettere che rammentano quanto le persone cambino durante la crescita (e pure mentre invecchiano), che niente dura all’infinito e solo qualcosa rimane a lungo, come un incontro sia breve e la vita sia quello più lungo di tutti.

Tutte queste connotazioni, edificano un coming of age trascinante, nel quale le fasi sono sincronizzate, tra il presente e i ricordi, le bischerate tra amici e gli amori di un attimo o di una vita intera, gli abbandoni più dolorosi, le malattie che nessuno vorrebbe sfidare e la morte che, prima o dopo, unisce tutti sotto lo stesso cielo.

Disinvolto e delicato, riflessivo e aperto alle idiozie, infantile come dei ragazzini e romantico come il cuore delle ragazze: tutto in colpo solo.

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