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Rapsodia in agosto

Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film

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La recensione su Rapsodia in agosto

di lorenzodg
10 stelle

 “Rapsodia in Agosto” (Hachi-gatsu no kyoshikyoku, 1991) è il penultimo film girato dal regista nipponico Akira Kurosawa.
   09.08.45. ‘Fat Man’ su Nagasaki. Il tempo si ferma in un attimo di silenzio, il giorno si rabbuia in un istante di leggerezza, il ricordo si ravvede in un pugno di vuoto, il velo si squarcia in un calmo clamore, il vento s’accascia in una tristezza ammutolita e le gesta di un incontro paiono dentro ad un corpo che resiste e a uno sguardo che ridesta ogni grido.
   Kurosawa con modi esemplificativi e diretti ci dona un’opera di spasmo devastante e di grande slancio interiore. Una linearità docile di ripresa che si tramuta in un film fascinosamente poetico e drammaticamente sincero: di poco si ha bisogno per capire e per trasmettere. In  manifestazioni narrative con basso profilo linguistico la pellicola schiaccia ogni perdurare di illusioni e ci offre un orlo pieno di paure connaturate. La morte e i suoi epigoni tinge di tramonto ogni baldanza gioiosa di quattro nipoti mentre la vita infuocata dei clamori fanciulleschi richiude ogni mesta speranza di sopravvivenza.
    Un film intimo, irrazionale, inesplicabile e ingiusto.
   Altamente morale nel suo scandagliare l’uomo: a voce bassa, ad andamento flebile, con arieggiare mesto e legame d’animo. Tutto si svolge come un incontro di sguardi e di silenzi finché la natura ci ricorda di esserci. E sì che lo scosciare dell’acqua e la foga di un temporale salutano con bellezza e ardimento una vita e ne lavano un’altra; senza maestranze dileguate e con pochi personaggi ritrovati, il regista disegna la figura esile e forte di una sopravvissuta che taglia le foghe di pioggia con un ombrello allungato in alto dal vento e come bastone in mano s’invaghisce del destino con la voglia di tenerlo a bada. Una corsa contro tutto, un miseria in tutto: ecco un’anziana donna che rincorre il suo passato senza una vita da ricordare. La vita e la morte combattono con una sequenza di rara purezza e di poesia inesplicabile.
   “Rapsodia in Agosto” è la raccolta di una data che non può essere cancellata e l’indelebile cuore di una nonna ‘hibakusha’  (sopravvissuta alla bomba atomica ma le aveva preso il marito) che, con i suoi quattro nipoti, passa un’estate nel tempo di una campagna vicino Nagasaki. I gesti, i modi, le parole e gli incontri fanno la vita di una donna canuta che quotidianamente è con l’afflato di ragazzi immersi tra passato e futuro. L’incontro con il fratello, Suzujiro (che vive nelle Hawaii) di cui ignorava l’esistenza, dà sapore alle ultime cose della sua vita; nel frattempo una forte pioggia può lavare il tempo (oramai alla fine).
   “Dai, raccontaci” un nipote dice alla nonna (‘affetta ancora dall’esplosione’). Un rapporto di rara tenerezza e di sapore di antico pervade quest’opera piena di vetustà malinconica e di grigiori interiori. Le immagin(i di una natura soave e indegna riempiono una vita segnata e l’epilogo della speranza (incerta).
   Musiche (del fidato Shin’ichirò Ikebe e Antonio Vivaldi –con ‘Stabat mater dolorosa’-) e fotografia (Takao Saitò –che aveva lavorato nelle ultime pellicole del regista-) danno grazia e stupore a questo film di rara immediatezza e piccolo nella storia ma scavano dentro il dolore, la morte e il tempo fermo ad una data.
  Nel cast la presenza di Richard Gere (Clark) è (relativamente) al margine: in fondo alla storia per manifestare quello che è impossibile dire (ma la presenza è significativa).
   La regia di Kurosawa non ammette valori di sorta: una ripresa che è da respirare.
   Voto: 9.

 

 

 

 

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