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Rapsodia in agosto

Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film

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La recensione su Rapsodia in agosto

di sasso67
6 stelle

A ottantuno anni, Kurosawa sente finalmente la necessità di fare i conti direttamente con quell'agosto e con quella bomba. Il risultato è uno dei film meno riusciti del sommo regista giapponese. Scritto prima di "Sogni" (1990), ma uscito successivamente, "Rapsodia in agosto" è allo stesso tempo troppo infantile e troppo senile, ingenuo e sentimentale, e davvero troppo didascalico. Kurosawa ha saputo dirci molto di più - e molto meglio - sul Giappone del dopo bomba atomica con molti suoi film che non affrontavano così direttamente l'argomento (basti pensare, con qualche titolo buttato a caso, a "L'angelo ubriaco", "Cane randagio", "L'idiota", "Vivere", "Anatomia di un rapimento") che con questa "Rapsodia", che ci ammaestra senza insegnarci granché, che suona le corde del sentimento senza raggiungere veramente il cuore. Non che manchino pagine emozionanti, come la visita dei ragazzi alla fontana costruita sul luogo dell'esplosione (dove gettano l'acqua sulla lapide che dice che i superstiti furono afferrati dall'arsura alla gola) o quella dei turisti ciechi alla scuola dove morì il nonno, e nemmeno manca un'intelligente costruzione colorica (parafrasando Gershwin, si potrebbe definire il film una Rapsodia in verde), ma il trentesimo e penultimo film di Kurosawa fa venire alla mente "La voce della luna", ultimo lavoro di Fellini, programmaticamente poetico, ma cento volte meno riuscito dei film dove il regista aveva mischiato ricordi ed ironia con la voglia di raccontare qualcosa di veramente toccante. È poco riuscita, anche volendole concedere il valore di metafora, l'ultima sequenza della nonna che va incontro all'uragano armata di un patetico ombrellino, mentre è molto forzata la schematicità con la quale si accomunano i vecchi (quelli della generazione che si buttava con gli Zero sulle portaerei americane) ai ragazzini in un buonismo molto di maniera, mentre si confina la generazione di mezzo, quella nata proprio durante la guerra, in un sentimento di avidità e grettezza da boom economico e tecnologico. Allo stesso tempo, il film mi sembra poco corretto (tralasciando le incongruenze che secondo me ci sono per quanto attiene alle date e alle età dei vari personaggi citati) dal punto di vista storico e morale: se può essere giusto addossare agli americani la colossale responsabilità di avere lanciato le bombe atomiche sul paese del sol levante, non è però leale far passare i giapponesi per vittime sacrificali, sottacendo la vergognosa pagina scritta dai nipponici a Pearl Harbor e le atrocità inenarrabili di cui si resero responsabili nei vari paesi occupati durante la Seconda Guerra Mondiale (in particolare in Cina e in tutto il Sud Est Asiatico). Da denuncia alle Belle Arti il bruttissimo doppiaggio italiano.
Il film kurosawiano meno riuscito che io abbia visto fino ad oggi.

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