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The Square

Regia di Ruben Östlund vedi scheda film

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La recensione su The Square

di Negaloginepro
10 stelle

THE SQUARE___2017
Era il 2001 quando organizzai il primo Fluxux Dinner della storia, nell’antico androne di Palazzo Durazzo a Genova. Gli artisti fluxus Alison Knowles, George Brecht, Ben Patterson, Emmett Williams, Geoffrey Hendricks tra gli altri in sala. Poi la “Zuppa tosco-brasiliana di fagioli neri”, servita da Alison Knowles e il “Cinghiale di ‘Sala’ al Barolo”, consumato dopo una vera e propria caccia ingaggiata fra le colonne seicentesche del locale. Cinghiale di Sala? Si trattava di una sorta di ominide primitivo che si aggirava tra i tavoli, metà svestito e metà vestito con una pelliccia: rubava cibo, rompeva bicchieri, toccava e infastidiva. Sino al punto in cui tutti i commensali raggiunsero la seria e univoca convinzione che "lui",l'essere, seppur antropomorfo, fosse un cinghiale. Dopo una cruenta lotta nel buio e sanguinose grida, il cinghiale fu servito.
Questa performance l’ho ritrovata in “The Square”, film diretto da Ruben Östlund e vincitore della Palma d'oro al Festival di Cannes. 
Per evitare lungaggini: è il film più bello del 2017.

Ci sono due modi per fare arte: attraverso la provocazione o con il patetico. In un mondo decadente, dove i valori e i sentimenti non esistono perché non si possono acquistare, il patetico domina incontrastato e ogni tentativo di pro-vocare (chiamare avanti) naufraga nei tombini della morale e del perbenismo.
Il film non critica l’arte concettuale, critica solo la società e la paura dell’individuo a tracciare una linea di demarcazione, o se preferite un quadrato che non sia un patetico Santuario di solidarietà, bensì una santa zona ignota e primordiale del proprio ego, preferendo stare al sicuro (dentro o fuori il quadrato) nelle proprie conclamate convinzioni, dove la superstizione confina con le abitudini, dove quello che non posso definire è la definizione stessa di ogni cosa: la religione. 
Non a caso una musica liturgica si sublima come colonna sonora, tra dubbiosi cori e flauti che la introducono e commentano.
Ma a costo di negare che una bionda poverissima bambina possa saltare in aria esplodendo, il mondo deve essere sempre uguale a se stesso e deve apparire sempre confortante e comprensibile. 
Mi domando: l’arte, quando non è una mera raffigurazione di ciò che conosciamo è comprensibile? E se per arte intendessimo solo quello che capiamo, tutto ciò che induce mimesi e catarsi, ogni cosa tecnicamente così difficile da ammirarla a prescindere, vorrebbe dire questo che potendo comprendere appieno l’arte allora conosciamo noi stessi?
Capolavoro immenso, che ha pro-vocato una giuria a “commettere” questo gesto “disonesto” (e artistico) di premiare il film, sino al pentimento successivo (come Christian nel film) figlio della paura e delle valutazioni ruffiane: ed ecco un premio speciale al patetico e brutto e oscenamente politicamente corretto “120 battiti per minuto”.
Fotografia immensa, sceneggiatura pinteriana, regia mozzafiato.

 

Angelo Orazio Pregoni

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