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120 battiti al minuto

Regia di Robin Campillo vedi scheda film

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La recensione su 120 battiti al minuto

di steno79
8 stelle

Ho visto il film con grande interesse, e non solo perché ha vinto il Grand prix a Cannes. Il tema della lotta all'AIDS e' stato spesso affrontato al cinema, resta spinoso ancora oggi, non tutti i film che lo hanno narrato hanno saputo trovare il giusto equilibrio. Robin Campillo è un regista per me nuovo, di cui avevo sentito parlare sporadicamente ma non avevo visto ancora nulla. C'è un evidente coinvolgimento autobiografico nel racconto degli attivisti di questa associazione parigina che nei primi anni 90 cercava di smascherare l'ipocrisia dei benpensanti e delle case farmaceutiche, in un momento in cui l'AIDS mieteva ancora tante vittime soprattutto fra gli omosessuali. Campillo conferisce una struttura corale al film, con molti personaggi rappresentati in maniera essenziale, anche se poi nella seconda parte si concentra sulla storia d'amore fra Sean e Nathan, di cui il primo ormai avviato inesorabilmente alla morte. Alcuni sostengono che la scelta di concentrarsi su questa relazione tolga efficacia al film, invece secondo me è giusta, perché il film aveva bisogno di un cuore narrativo che, altrimenti, rischiava di non trovare mai (le varie scene di discussioni nel collettivo sono reminiscenti dello stile de "La classe" di Cantet, di cui Campillo è stato sceneggiatore). La durata di 140 minuti è impegnativa e non mancano alcune singole sequenze che danno l'impressione di essere troppo protratte, ma nel complesso la passione del regista, il suo sdegno e il rigore delle scelte narrative, che nel finale giungono ad un'emozione lancinante, riescono a coinvolgere lo spettatore e conferiscono al film la sua tragica incisività. Nel cast molti volti poco noti, spicca soprattutto l'argentino Nahuel Perez Biscayart che interpreta Sean e che personalmente avevo già notato nell'inedito "Lulu" di Luis Ortega, presentato al festival di Roma nel 2014, nonché Renaud Valois a cui sono affidati alcuni toccanti monologhi. Confinata a una piccola parte invece Adele Haenel, volto fra i più noti del cast che è stata la protagonista dell'ultimo film dei fratelli Dardenne. A mio parere, un film duro ma non sensazionalistico. Personalmente, avrei evitato di affiancare alla scena dello spargimento delle ceneri di Sean, che è sicuramente l'acme emotivo del film, il nuovo rapporto sessuale di Nathan in montaggio alternato (tanto per sottolineare "viva la promiscuità del mondo gay?"). Invece credo che la scena più bella e forte del film è quando Nathan si reca in ospedale a trovare Sean sdraiato sul suo letto, non ancora di morte, e lo coinvolge con passione in un approccio sessuale baciandolo e masturbandolo fino a fargli raggiungere l'orgasmo. E' un momento di "pietas" che rivendica un vitalismo sessuale e affettivo anche per i malati terminali, e colpisce nel segno.

voto 8/10

Adèle Haenel

120 battiti al minuto (2017): Adèle Haenel

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