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L'affido

Regia di Xavier Legrand vedi scheda film

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La recensione su L'affido

di maghella
9 stelle

 

Antoine e Myriam sono separati in attesa del divorzio. La loro figlia Josephine deve compiere 18 anni, mentre il figlio minore Julien ne ha solo 11. È per l'affidamento di Julien che i due genitori stanno combattendo in tribunale. Myriam pur di tenere lontano i figli dal padre, ha deciso di cambiare città facendo credere ad Antoine di essere andati a vivere dai genitori di lei. In realtà Myriam e i figli hanno trovato casa in un quartiere popolare, tutto in gran segreto, per non far sapere ad Antoine dove alloggiano. Antoine riesce comunque ad avere l'affidamento congiunto di Julien, e può andarlo a prendere 2 week and al mese.

Julien e la sorella Josephine non vogliono  avere rapporti con il padre, ma mentre la ragazza può evitare di vederlo, Julien è costretto agli incontri mensili. Antoine cerca in tutte le maniere di instaurare un buon rapporto con il figlio. Non sopporta di non essere messo al corrente dei loro spostamenti, delle loro decisioni. Incolpa Myriam di mettergli contro i figli, e per qualche momento anche chi vede il film ha la sensazione che Antoine stia vivendo un sopruso da parte della ex moglie. La vera personalità di Antoine viene fuori proprio grazie agli incontri con il figlio. Le ferite aperte dovute ad un divorzio subito, mettono in risalto il carattere violento dell'uomo. Julien cerca in tutte le maniere di proteggere la madre non rivelando niente della loro nuova vita, ma le violenze psicologiche e fisiche del padre hanno la meglio. La tensione cresce via via che Antoine si rende conto di star perdendo tutto, di essere escluso dalla vita famigliare. L'epilogo è quasi scontato, ma solo perché lo si legge troppo spesso sulle pagine di cronaca.

Antoine (Denis Menochet): grosso, alto, dagli occhi inespressivi e dalla calma apparentemente.

Myriam (Lea Drucker): minuta, bionda, dall'aria indurita, ma con gli occhi impauriti.

Julien (Thomas Gioria): biondo e piccolo come la madre, è il ritratto in miniatura della donna che il padre vuole ancora soggiogare. Avere la custodia su di lui vuol dire avere ancora il potere sulla madre, ma questo lo spettatore lo capirà solo durante il film.

Josephine (Mathilde Auneveux): è la figlia diciottenne che riesce a scappare da una realtà claustrofobica costruendo un nuovo futuro. Il suo diciottesimo anno è l'inizio della sua indipendenza non solo legalmente.

Il rapporto tra padre e figlio è ben descritto proprio nei loro viaggi all'interno della macchina di Antoine. I 2 non si parlano subito, l'abitacolo della macchina diventa una sorta di camera di compensazione tra il mondo fuori e la realtà distorta di Antoine, che continua ancora a pretendere di essere un capo  famiglia di una famiglia ormai inesistente. Bellissima la trovata da parte del regista di utilizzare la spia sonora per indicare l'utilizzo delle cinture di sicurezza, come una specie di battito cardiaco accelerato, proprio a sottolineare l'aumentare della tensione, senza bisogno di dialoghi o altro.

Ci vuole un po' per capire che Antoine è un vero orco, e che le bugie e i segreti utilizzati da Myriam per tenerlo lontano erano solo blande armi di difesa. Antoine pare aumentare di volume via via che scorrono i minuti, la violenza che non riesce più a controllare lo trasforma in un moderno Jack Torrence. Anche Myriam e Julianne (proprio come nel celebre film "Shining" di kubrick) troveranno riparo nel bagno.

Un film che non da tregua, che trascina lo spettatore sempre più profondamente nella follia bipolare di Antoine. Un padre che all'inizio della storia conquista la comprensione del giudice del tribunale minorile e anche dello spettatore, ma che nel finale si manifesta per quello che realmente è.

Ultimi 15 minuti del film da cardiopalma.

 

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