Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film
Quelli di Hollywood party, la trasmissione di cinema di radio tre, l'han definito il più bel film dell'anno.
Certo è che il regista finlandese ti fa entrare come nessuno nelle tragedie contemporanee.
E' come se ti pulisse lo sguardo e la mente, ponendoti di fronte a te stesso, senza alcuna retorica, ma anche senza alcuna esitazione. Quello di Kaurismaki è un cinema necessario, oltre che di alta qualità. Un cinema che vibra di toccante umanità e che ti chiama in causa. La storia è quella di Khaled, profugo siriano che in patria ha avuto la famiglia (tranne una sorella) sterminata dalla guerra, che approda in Finlandia e a un certo punto incrocia la sua esistenza con quella di un cinquantenne, che ha lasciato il lavoro di rappresentante di camicie e la moglie, per gestire un ristorante. Con i suoi strani dipendenti costruirà un piccolo gruppo utopico, che contrasta la durezza burocratica governativa e la ferocia nazista della strada. Quelli che interessano a Kaurismaki sono gli ultimi, gli emarginati che tentano di sopravvivere con dignità, e che, nonostante le immense difficoltà, non abbandonano un umorismo buffo e surreale, con bellissime battute come "me ne andrò a Città del Messico a bere sakè e a ballare l'ula ula, perché di pace e silenzio sono stufa". Khaled, che ha abbandonato sia il Profeta che Dio, incontrerà molta crudeltà, ma anche la tenerezza di chi non ha smarrito l'orizzonte morale. Nel finale sospeso tra la vita e la morte c'è ( ci potrebbe essere) una speranza nell'orrore che ci circonda.
Bellissima colonna sonora country alternativa. Meritatissimo Orso d'argento a Berlino per una regia asciutta e senza sbavature che piacerebbe al mio amico Clint. Grazie Aki Kaurismaki.
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