La recensione su In arte Nino

di mm40

4 stelle

Vita e opere del giovane Nino Manfredi, dal lungo ricovero per la tubercolosi, da ragazzo, fino alla maturità, al matrimonio e al successo nazionale.

Chi fosse Nino Manfredi, in realtà, non c'è bisogno di dirlo; ecco perchè un film biografico su uno dei più grandi attori italiani di sempre non ha alcuna necessità di soffermarsi sul suo mestiere, sui lavori, sui successi: è molto più interessante da questo punto di vista osservare il Manfredi ragazzo lungamente ricoverato in sanatorio (con pochissime speranze di uscirne), quello innamorato di Erminia, sua futura moglie, e quello 'privato' di tutti i giorni, nel periodo che precedette la sua affermazione a livello nazionale, che sono a tutti gli effetti i principali argomenti di questo lavoro. Dietro la macchina da presa c'è un regista piuttosto esperto di tv che conosce bene l'argomento del suo film, e non solo per aver diretto Manfredi varie volte (Un commissario a Roma, Meglio tardi che mai, Grazie di tutto), ma principalmente per un legame indelebile, quello di sangue: Luca Manfredi, suo figlio. Che si adopera anche come sceneggiatore insieme a Dido Castelli e a Elio Germano, per la prima volta impegnato anche in fase di scrittura. E si capisce bene perchè, vedendo In arte Nino: Germano ha studiato talmente a fondo il suo personaggio, gli dà una tale credibilità che dev'essere inevitabilmente citato come coautore del copione: bravissimo normalmente, qui Germano si supera perfino. Le note di merito del lavoro si esauriscono però qui: la produzione televisiva non fa nulla per smarcarsi dai modesti canoni estetici e dai toni narrativi blandi tipici della destinazione domestica; la recitazione per lo meno si salva grazie all'inserimento nel cast di nomi validi (Miriam Leone, Roberto Citran, Massimo Wertmuller, Stefano Fresi), con alcuni ruoli laterali affidati a volti di indiscutibile riuscita (Leo Gullotta, Giorgio Tirabassi). Cento minuti in tutto. 4,5/10.

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