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Regia di Andres Muschietti vedi scheda film

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La recensione su It

di SredniVashtar
5 stelle

Un horror. Ma non nel senso voluto.

Il fortunato King è vittima di una maledizione: i suoi racconti e romanzi (con qualche eccezione: The Mist, Stand By Me) vengono trasposti in modo orribile per il grande schermo. Anche Shining, che era un buon film, non c’entrava praticamente nulla con The Shining. Molto meglio la miniserie in due puntate. IT era già stato vittima di uno stupro nel 1990, in un’altra miniserie in due puntate dove il povero Tim Frank’n’Furter Curry aveva rischiato di buttare a mare la giusta fama raccolta con The Rocky Horror Picture Show. Ora ci hanno riprovato, con un taglio descrittivo diverso da quello del romanzo e della grottesca miniserie-1990. Si è deciso “tutta l’infanzia prima” (l’attuale IT 2017) e “tutta la maturità poi” (attendiamo).

 

Cosa contraddistingue il nuovo IT 2017 rispetto al paradossale predecessore? Più effetti speciali, in sostanza. Perché i tempi e i modi di questa fatica sono identici a quelli del famigerato antenato. Sì, il cattivo pagliaccio è più terrificante, ma è tutto qui: hanno montato lo stesso motore su una carrozzeria non innovativa, frutto di puro restyling.

IT negli USA è un cult molto superiore a quanto si verifichi da noi, basti pensare ai molti deficienti che ogni anno si fanno sparare o mettere sotto un’auto perché girano di notte per le campagne vestiti da Pennywise, e quindi in una certa misura si può comprendere l’enorme battage che ha accompagnato la nuova pellicola. Ma non lasciamoci ingannare, almeno noi: è la stessa aria fritta.

 

Quel che rendeva il libro un buon libro era l’alternanza di episodi e riflessioni – espresse con maturità diverse – tra il mondo dei ragazzi e quello, 27 anni dopo, degli stessi ormai adulti. C’era un continuo back and forth a rafforzare la drammaticità degli avvenimenti passati e presenti. Le storie di ieri proseguivano e si spiegavano con quelle di oggi, e viceversa. Il lettore restava catturato e ipnotizzato da questo ritmo alternato, chiedendosi in quale contesto temporale le incognite caratteriali e d’azione sarebbero state svelate. Nulla di tutto ciò può accadere con la scelta di rappresentare in blocchi distinti l’epopea dei ragazzi e – in futuro – quella degli adulti. La conseguenza è che la struttura narrativa è piatta, e con ciò rendere esaurientemente le sfumature che nel libro hanno 500 pagine per manifestarsi diventa impossibile. Esattamente come nella malaugurata miniserie, il risultato è banale. A ciò va aggiunta l’ulteriore pecca che King, una personalità moralista, non viene “reinterpretato” come ci si potrebbe attendere da sceneggiatori e regista capaci, per cui i personaggi sono appiattiti sui classici stereotipi del “negretto di gran cuore”, il “ciccione ingegnoso”, la “ragazzina carina e quasi-perduta”, l’ “occhialuto balbuziente (nerd) ma coraggioso e ardito”, i cattivi a tutti i costi. Di tutta la spontaneità un po’ problematica resa in Stand By Me qui non c’è traccia. I protagonisti si muovono come ci si attende facciano – e come NON è nel libro – secondo i parametri standard delle maschere teatrali. Faccio una sola domanda, a titolo di esempio: perché tutti gli adulti sono completamente esclusi dalla narrazione? Un perché c’è – nel libro – ma nel film? Non è plausibile.

 

In sostanza, IT 2017 sembra un riassunto schematico di avvenimenti che rimandano all’opera letteraria. Va bene, ma può andare altrettanto bene per un lavoro che dovrebbe essere autocontenuto? Secondo me, no.

Tra i giovani attori, l’unico che mi abbia colpito è Megan Charpentier, carina ed espressiva ben sopra la media, che nel sequel per ovvie ragioni sparirà.

 

Giudizio finale: evitabile.

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