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L'ultimo uomo della Terra

Regia di Ubaldo Ragona, Sidney Salkow vedi scheda film

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FABIO1971

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La recensione su L'ultimo uomo della Terra

di FABIO1971
8 stelle

Incipit folgorante ("Ancora un altro giorno, è ora di alzarsi"), che introduce i titoli di testa, con il dottor Robert Morgan (Vincent Price) padrone del mondo, "un mondo vuoto e silenzioso": nonostante il suo iniziale scetticismo, che emerge in un lungo flashback ("Non mi piace l'idea di un'epidemia universale che distruggerà il mondo") in cui vengono rievocate le catastrofiche premesse della vicenda, un germe sconosciuto ha spazzato via la razza umana trasformando i sopravvissuti in creature assetate di sangue. Vampiri, per la precisione: "Occorre aglio, anzitutto", pali acuminati ("Abbastanza grandi da tenere aperta la ferita ed evitare che si rimargini"), specchi. Il dottor Morgan è immune al terribile virus e, tormentato per non essere riuscito, lui eminente scienziato, a salvare la vita dei suoi familiari, conduce la sua disperata e solitaria esistenza barricandosi in casa durante la notte e uscendo soltanto di giorno alla ricerca di generi alimentari e a caccia di morti viventi da sterminare. Ma forse c'è ancora una speranza per l'umanità: Morgan, infatti, si imbatte in Ruth (Franca Bettoja), una donna vittima del contagio, e riesce a somministrarle l'antidoto da lui sperimentato per debellare l'infernale morbo. Nel drammatico crescendo di tensione del finale andranno incontro al loro destino. Prima (e anche la più riuscita, nonostante l'insoddisfazione del suo autore, che si fece accreditare la partecipazione alla sceneggiatura con lo pseudonimo di Logan Swanson) trasposizione cinematografica del best seller I Am Legend (1954) di Richard Matheson, uno scintillante B-movie girato a Roma a basso costo e dalla gestazione travagliatissima: produzione di cui inizialmente si fa carico la Hammer, che poi, non contenta del copione, la affida alla sua associata americana, la API, che a sua volta si appoggia alle Produzioni La Regina. La versione italiana, così, risulta accreditata, per la regia, al catanese Ubaldo Ragona, che esordisce nel lungometraggio a soggetto dopo due documentari (Il fiume dei faraoni e Baldoria nei Caraibi), mentre quella americana esce nelle sale firmata da Sidney Salkow, a cui Vincent Price (anche lui insoddisfatto del risultato) si rivolse per rimettere mano al film (ma la versione dell'intera faccenda diffusa da Dardano Sacchetti attribuisce a Salkow la completa paternità dell'opera). Al di là delle tribolazioni produttive, delle incongruenze e di qualche ingenuità (specie nel finale, che smarrisce la potente ambiguità del romanzo), L'ultimo uomo della Terra è un horror affascinante e tesissimo, immerso negli inquietanti silenzi del post-apocalisse e retto dal carisma dirompente di Vincent Price, che ammanta di straniante solennità ogni gesto e pensiero del suo personaggio travolto dalla paura e dagli strazianti sensi di colpa (memorabile la sua risata isterica che si trasforma in pianto). L'angoscia insostenibile delle spettrali atmosfere e le immagini delle orde di zombi vaganti sulle strade dell'Eur devastate dalla desolazione (ma anche la vena profondamente pessimista che percorre il film) ispireranno alcune intuizioni del Romero di La notte dei morti viventi, testimonianza vitalissima del fascino e della freschezza d'ispirazione di un cinema povero di mezzi ma dalla resa spettacolare indiscutibile. Splendida la colonna sonora del leggendario Paul Sawtell (polacco trapiantato a Hollywood e compositore di punta prima per la RKO e poi per la Universal, oltre 400 film in carriera, comprese le collaborazioni non accreditate ufficialmente) e di Bert Shefter e magnifica la fotografia di Franco Delli Colli, che incornicia con macabri chiaroscuri le suggestive locations romane dell'Eur (mentre gli interni vennero realizzati negli stabilimenti Titanus della Farnesina). Due remake ufficiali, entrambi più spettacolari ma, progressivamente, sempre meno affascinanti: 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra (1971, di Boris Sagal) e Io sono leggenda (2007, di Francis Lawrence), più altri due adattamenti del romanzo di Matheson: un cortometraggio di Mario Gòmez Martìn (Soy leyenda, 1967) e, poche settimane dopo l'uscita del blockbuster con Will Smith, una produzione direct-to-video realizzata da Griff Furst (I Am Omega, 2007).

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