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Strange Days

Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film

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La recensione su Strange Days

di Spielbergman
8 stelle

Difficile scrivere di un film come questo. Troppe le cose da dire, sia per il suo significato cinematografico (una narrazione serrata, con uno stile moderno, asciutta e capace comunque di raccontare emozioni, stati d’animo e allo stesso tempo di tenere l’azione da thriller sempre a livelli altissimi) sia a livello affettivo (la fine del Millennio, l’evento più eccitante che io abbia mai vissuto per un’infinità di motivi diversi, vissuta di nuovo in maniera amplificata e con l’escamotage del thriller). Ma partiamo con calma. La Bigelow narratrice convince, appassiona, adotta tecniche nuove ed assolutamente efficaci sotto il punto di vista narrativo (indimenticabile l’incipt del film dentro alla macchina, e tutta la rapina). Tratta le immagini come se fossero vere, come se fossero fotografie della realtà, adottando uno stile da tipico film poliziesco americano. In più sa infondere un clima pessimista, chiuso, intenso, senza ricorrere a espedienti “apocalittici”, propri del genere undergound-fantascientifico (es. “Fuga da Los Angeles” di Carpenter”). La sua città di fine secolo sull’orlo della guerra civile non è la megalopoli fantascientifica di Ridley Scott in “Blade RUnner”, non è la Detroit devastata di Robocop. È la normale Los Angeles di fine secolo, con gli stessi problemi: corruzione, violenza, droga. Chi crede che i fatti di ribellione raccontati nel film siano solo frutto di finzione, sappia che a Los Angeles, a metà degli anni ’90 (il film è del 1995-ma guarda che coincidenza!) vi fu una terribile rivolta popolare dei “ceti bassi” per contrastare la corruzione, divenuta poi violenza incontrollata, attuata dall’unità speciale CRASH sulla popolazione cittadina. Riprendendo il discorso, la Los Angeles del film è soltanto la stessa e identica Los Angeles degli anni ’90, solo con qualche cambiamento (es. l’impiego delle forze armate) per aumentare la tensione, e, naturalmente la SQUID e gli altri apparecchi fantascientifici in voga nel film. Detto ciò, và ricordata anche la scelta del “tempo” in cui la pellicola è ambientata: la fine del Terzo Millennio, l’evento su cui, in tutto il ‘900, tutti i grandi movimenti di massa hanno auspicato avvenimenti apocalittici. Gli “stange days” sono quelli che precedono la Mezzanotte del 31 Dicembre 1999, 48 ore di paure, di speranze e di incertezze da parte dell’intera umanità. In mezzo a questi due elementi, il tempo e lo spazio, vi è una società, quella losangelita, ridotta al collasso dalla violenza e dalla mancanza di legge. I poliziotti divengono spacciatori, si drogano per tentare di fuggire da una realtà opprimente della vita, tentano di fuggire rifugiandosi in una concezione di “già vissuto” confortante, intensa e realistica. “Strange Days” è un grande film proprio perché, a parte la SQUID, da parte sua, non ha inventato proprio niente. Ha solo ipotizzato una realistica e naturale evoluzione della realtà. La paura per questo mondo, l’inquietudine che vi regna, sono veri, palpabili. La paura e l’incertezza per il nuovo secolo mescolano le angosce e le paure del protagonista, individuo (a)normale che tenta di ritornare alla sua dimensione di cittadino della classe borghese felicemente sposato, onesto poliziotto innamorato. In verità, la sua droga lo sta uccidendo. Attorno a lui James Cameron (ottimo sceneggiatore come al solito) orchestra una storia credibile ma allo stesso tempo imprevedibile, sospesa fra l’ignoto che regna sull’indagine e le tensioni del singolo e della comunità. Il risultato non è solo un classico thriller fantascientifico, ma quasi un noir dalle tinte futuristiche, una riflessione oscura e pessimista del futuro che culmina con una presa di coscienza sincera e realista che dice “devi andare avanti, la paura non può fermarti”. E così, se i vecchi amori non possono essere riconquistati, altri possono nascere; oppure, se i vecchi mondi, le vecchie barriere sociali, non vanno più, se ne possono sempre creare delle nuove. Ed il tutto, alla fine, è una “strana” riflessione sulla realtà, così lontana da qualsiasi stereotipo di racconto “pessimista” o “ottimista”. D’effetto il finale, stranamente simile a quello di un altro film sulla Fine del Millennio, “Entrapment” (roba totalmente diversa qualitativamente, sia chiaro), anche lì ambientato su un grattacielo… che Amiel abbia preso ispirazione? Oppure le altezze sono il simbolo della paura per il Millennio entrante? Detto questo, tiriamo le somme. Voto: 9 ½.

Sulla trama

Un’indagine scandita dal conto alla rovescia, con l’ansia del domani, frastagliata dai ricordi di ieri (una droga, cos’è, il genere umano ha talmente paura del 2000 da avventurarsi nel passato senza remore morali?) e da una corse contro il tempo verso una vita migliore e verso un mondo migliore. Simbolo di tutto ciò è il meraviglioso personaggio di Lenny, assolutamente privo di ogni stereotipo, vero, commosso, rammaricato ed ad un passo dall’autodistruzione per il suo “amore impossibile”. Magistrale, James Cameron ha talento da vendere, e qui lo dimostra.

Sulla colonna sonora

Molto bella: con uno score tipicamente orientaleggiante, con una sinuosa voce femminile che canta e accompagna con stile indianeggiante, etnico, mescolato al dance di metà anni ’90, così sterile e allo tempo estremamente coinvolgente, carica di suoni e significati; emozionante. Grande l’impatto nei (bellissimi) titoli di coda.

Cosa cambierei

Forse il doppiaggio di Juliette Lewis e quello di Raplh Fiennes (quello che aveva su "Schindler's List" era assolutamente inimitabile).

Su Tom Sizemore

Grande attore, un ruolo un po’ insolito per lui, ma dà sempre il massimo.

Su Juliette Lewis

Il doppiaggio insopportabile rovina l’intera parte, dato che la sua è una di quelle che si gioca solo sui dialoghi.

Su Angela Bassett

Brava.

Su Ralph Fiennes

OTTIMO! L’immagine stessa del mondo moderno, così annientato, distrutto e carico di sensi di colpa, che tenta disperatamente di avviarsi ad una vita migliore. OTTIMO!

Su Kathryn Bigelow

Narrazione lineare e avventurosa, da thriller-poliziesco americano, frastagliata dalle immagini dello SQUID, dove il ritmo diventa più veloce, torbido, con le riprese in prima persona, trattate come fossero sadiche e pessimistiche profezie di morte. Violenza alle stelle, fotografia appannata, come un incubo da cui è impossibile risvegliarsi. Appassiona e coinvolge nella suspence, conducendoci nell’indagine con una voglia di conoscere sempre maggiore. Sa prendere lo spettatore e trascinarlo nel suo mondo. E questo è quello che deve saper fare un grande autore. Grandissima.

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