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Apocalypse Now

Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film

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La recensione su Apocalypse Now

di cheftony
10 stelle

“Quante persone avevo già ucciso? C'erano quelle sei di cui ero sicuro. Così vicine da esalarne l'ultimo respiro in faccia. Ma questa volta era un americano. Un ufficiale.
Non avrebbe dovuto avere importanza per me, ma la ebbe. Cristo! Accusare di omicidio un uomo quaggiù è come fare contravvenzioni per eccesso di velocità alla 500 Miglia di Indianapolis. Accettai la missione. Che altro diavolo avrei potuto fare? In realtà non sapevo cosa avrei fatto quando l'avrei trovato...”

1969, nel bel mezzo della Guerra del Vietnam: il capitano Benjamin Willard (Martin Sheen) è un soldato di stanza a Saigon, in attesa di una nuova missione, forse l'ultima della sua vita. Alienato e preda dei fumi dell'alcol, gli giunge inaspettatamente un ordine dal comando: rintracciare il colonnello Kurtz (Marlon Brando), ufficiale delle Forze Speciali svanito nel nulla e che si presume essere, ormai completamente impazzito, a capo di una tribù di ribelli Montagnard oltre i confini del Vietnam, in Cambogia.

Rintracciarlo. E porre fine al suo delirante comando. In qualunque modo, a qualunque costo. Uccidendo.

Willard accetta con molte perplessità celate nel suo animo già provato e alla deriva e sfrutta la scorta elicotteristica dell'invasato colonnello Kilgore (Robert Duvall) per poter raggiungere la barca che lo attende per la discesa del fiume Nung, non prima di assistere ad uno squilibrato attacco ai Vietcong in una baia “condito” da una sfiziosa escursione su tavola da surf fra le onde e da un bombardamento a tappeto a base di napalm.

I compagni di viaggio di Willard sembrano perlopiù inadeguati in generale alla guerra e nello specifico a servirlo nella sua missione segreta; i quattro compagni sono il 17enne di colore Clean (Laurence Fishburne), il surfer tossicomane Lance (Sam Bottoms), l'aspirante cuoco Chef (Frederic Forrest) e lo scorbutico George (Albert P. Hall) al timone.
Fra avide letture dei dossier sull'affascinante figura di Kurtz, sparatorie, attacchi improvvisi, scene di devastazione e riflessioni sull'insensatezza della guerra e, per naturale estensione, delle vite dei burattini in elmetto destinati a perire in orribili carneficine, Willard arriverà finalmente a destinazione, dove gli si presta di fronte uno scenario apocalittico e agghiacciante...

Faticosissima e abnorme produzione di un Francis Ford Coppola al suo irripetibile apice, “Apocalypse Now”, insensibilmente datato 1979, prende origine dal racconto breve “Heart of Darkness” di Joseph Conrad, ma incontra poi l'intenzione di scrivere un soggetto su dei surfisti nella Guerra del Vietnam da parte di John Milius e del regista George Lucas. Coppola porta avanti il progetto con la collaborazione del veterano corrispondente dal fronte Michael Herr e scrive, gira e produce un maestoso film bellico, esistenziale ed estetizzante.
È veramente difficile, anche ad una nuova visione, scorgere qualcosa di non funzionante in questo capolavoro: assistito magnificamente alla fotografia da Vittorio Storaro, Coppola gira in maniera perfetta, senza sbavature né svolazzi d'autore, mettendosi al servizio di una storia narrativamente scarna ma multistratificata, pregnante e profonda in ogni dettaglio, in ogni dialogo, in ogni piccolo avvenimento.
Gli attori prestano se stessi ai propri controversi ed irrisolti personaggi con diligenza, che si tratti di un grande Sheen o del divo Brando obeso e rasato a zero, in ombra, atteso per quasi due ore di pellicola, oppure ancora che si tratti di uno dei tanti camei, da Harrison Ford a Dennis Hopper passando per un Duvall mai così sopra le righe.
Il tanto atteso incontro fra Willard e Kurtz può aver deluso qualcuno fra deliri filosofici e frammentarietà (ma ricordiamoci che la pellicola subì qualche taglio, poi ripristinato nella versione redux), ma il potentissimo finale, in montaggio alternato col celebre sacrificio tribale del bue e con il fragoroso crescendo della rumoristica suite “The End” dei Doors, si riconnette con l'altrettanto epico incipit e lascia esterrefatti. L'incontro fra culture diverse ha fallito, ha vissuto all'insegna del conflitto e del soggiogamento e ha generato una distruttiva sovrapposizione; che si lasci la giungla o meno, niente sarà più come prima.
Un'autentica opera d'arte cinematografica, che “sposa” gli orrori della guerra e del colonialismo con gli orrori della (dis)umanità, dell'abulia, della solitudine e della megalomania, connettendoli e rendendoli indistinguibili.

“L'orrore...L'orrore...”

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