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007. Goldeneye

Regia di Martin Campbell vedi scheda film

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La recensione su 007. Goldeneye

di scandoniano
8 stelle

Bond è in Russia per sconfiggere la potente organizzazione criminale sovietica rea di aver preso possesso del raggio spaziale, fondamentale per le sorti del globo. Dopo 9 anni scoprirà che il nemico è l’insospettabile 006, che torna dall’aldilà per guidare i sovietici, diventati russi dopo la caduta del muro, alla conquista del potere.

Nuovo film di 007, nuovo attore ad interpretare il protagonista. Dopo il dittico di film, molto deludenti (specie in termini di incassi) affidati a Timothy Dalton, la serie prova a ripartire dalla sue ceneri, affidandosi a Pierce Brosnan, charmant quanto Connery e ciuffato come un novello Roger Moore. È anche questa la ragione per cui sono dovuti passare ben 6 anni (mai successo prima) dall’ultima pellicola sull’agente al servizio segreto di Sua Maestà: la serie aveva bisogno di un reboot (l’ennesimo) ed il cambio dell’attore protagonista è solo uno dei numerosi ammodernamenti della saga. Per esempio, “M” è una donna (l’algida Judi Dench) ed è evidente il ricorso alla tecnologia applicata alle telecomunicazioni, con la bella Natalya e il suo perfido collega nel ruolo di programmatori informatici e l’hackeraggio utilizzato come arma. Ma soprattutto ci sono qui i primi segnali di catastrofismo della serie: dopo questo 007, la saga non sarà più la stessa, intrisa irreparabilmente di quelle che in un termine solo si possono definire “americanate”. L’esagerazione come conditio sine qua none, generatrice di palese irrealtà nella messa in scena, sfiderà da qui in avanti, ad ogni film, il comune buon senso, portando ad una deriva sempre sfrontata e soprattutto puerilmente menefreghista nei confronti di uno spettatore che aveva imparato ad apprezzare sir James Bond come un uomo che, prima dei muscoli (e in molti casi del sedere), faceva ricorso con sistematicità al cervello ed al cuore.

Un tantinello incoerenti i dialoghi: le prime tre battute di Bond sono intrise di un sarcasmo quasi paragonabili all’”era Moore”, non trovando tuttavia seguito per tutto il resto del film.

Curiosa la presenza della nuova Moneypenny: è interpretata da Samantha Bond (cognome non casuale), meteora del mondo del cinema, al suo unico film in carriera.

Interessanti i titoli di testa post-incipit, che scorrono sulle note inconfondibili cantate da Tina Turner, con l’evidente richiamo alla caduta del blocco comunista (è il primo film successivo alla caduta del muro di Berlino). Nel cast anche Sean Bean (che dura sullo schermo il tempo di un amen, ma poi ritorna a fare il villain di turno).

La Bond-girl è la memorabile Xenia Onatopp, statuaria georgiana dallo spiccato sadismo, più volte motivo  di violente e per nulla celate ejaculatio preacox.

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