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L'odio

Regia di Mathieu Kassovitz vedi scheda film

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La recensione su L'odio

di bradipo68
8 stelle

L'urlo della banlieue.Vite buttate agli angoli di una periferia come tante.Sono talmente tante queste banlieues che non hanno nomi ma solo numeri.E sono tutte uguali almeno a prima vista.Così come i ragazzi che le abitano sono accomunati dagli stessi sogni per il futuro(hanno tutti il minimo denominatore della fuga),dagli stessi incubi del presente(la violenza impera),dalla stessa mancanza di prospettive e soprattutto dall' odio verso le istituzioni e la polizia vista esclusivamente come braccio armato di una sorta di dittatura.E'questo il clima sulfureo in cui Kassovitz cala la sua opera seconda,un film girato in un bianco e nero roboante e uno stile ultrarealista,talmente più vero del vero che suscita sospetti.La macchina da presa si muove nervosa,il montaggio in certi frangenti arriva a essere frenetico,tutto ottimizzato per rendere al meglio il clima di ansia  e di urgenza che si respira in tutto il film.Ma non è un caso che emerga la cinefilia del regista(la citazione di Taxi driver quando Cassel imita Travis Bickle davanti allo specchio) e anche qualche preziosismo nascosto tra le righe( credo che non sia casuale che l'unica scena in soggettiva sia quella del ragazzo,interpretato dallo stesso Kassovitz, risparmiato da Vinz ).Il film ripercorre una giornata nella vita di tre banlieuesards:l'ebreo Vinz,il magrebino Said e il nero Hubert.Un loro amico è morto durante un interrogatorio da parte della polizia e ciò è bastato per scatenare la rivolta nelle sterminate aree periferiche parigine.

Parigi brucia:ma solo la parte di lei che non finirà mai su una cartolina.

Kassovitz racconta il fermento di questi giovani emarginati che cercano una speranza:li accompagna nella loro giornata che si snoda tra incontri vari,passeggiate in una terra di nessuno,piccoli scontri con la polizia che cerca di ristabilire una minima parvenza di ordine in questa parte di città dimenticata.Il tono che inizialmente è più leggero(termine da prendere nel senso più esteso possibile) mano mano si incupisce.L'odio è annidato in entrambi gli schieramenti sia tra i rivoltosi che tra i polziotti e Kassovitz insinua il dubbio che a volte fare il poliziotto non significa stare automaticamente dalla parte della legge.E comunque alla luce del finale non è possibile alcuna riconciliazione.La banlieue rimane un ghetto di emarginati,quasi un appendice inutile da troncare.Tutto il significato del film è racchiuso in quella storiella che viene raccontata da Hubert ,di uno che si butta dal cinquantesimo piano e a ogni piano continua a ripetere "Fin qui tutto bene".
Il problema è l'atterraggio,non il volo.
L'odio rinuncia a sociologismi d'accatto consegnando ai posteri quasi un invettiva rap in cui cerca di distribuire virtù e vizi da entrambe le parti della barrricata.Il  film all'epoca fece voltare più di una testa nella critica cinematografica di allora.Avevano ragione,peccato che la carriera da regista dell'allora 28enne Mathieu non si sia confermata poi a questi livelli.La cosa che colpisce ancora a distanza di anni di questo film è la sua stringente attualità:la banlieue col tempo è diventato un non luogo cinematografico in cui si aggira parte del cinema francese.Ma l'emarginazione è rimasta la stessa.Anche se talvolta qualche figlio della banlieue si riscatta riuscendo ad oltrepassare quella dannata barricata diventando ricco e famoso senza per questo dimenticare le proprie origini e gli amici di un tempo,vivi o morti.
Come ad esempio un figlio della banlieue 94.

Su Mathieu Kassovitz

lo stile è tutto da ammirare

Su Vincent Cassel

ottima prova

Su Hubert Koundé

non male

Su Said Taghmaoui

molto bravo

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