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Amici miei

Regia di Mario Monicelli vedi scheda film

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champagne1

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La recensione su Amici miei

di champagne1
8 stelle

Quattro compagni di scuola, di giochi, di caserma e quindi amici da sempre, anche dopo aver superato la soglia dei 50 anni continuano a vivere col gusto della "zingarata", cioè della trasgressione goliardica, del prendere in giro tutto e tutti (e ovviamente anche se stessi) senza alcun limite. Il risvolto del divertimento infantile è la consapevolezza di essere puntualmente incompresi dalle persone che stanno loro accanto, che nella migliore della ipotesi tollerano (la moglie del barista, il Necchi), nella peggiore abbandonano (le varie mogli e/o la prole).

 

Perotti, il giornalista che fa da voce narrante, dice ad un certo punto di suo figlio: "Non so se a sbagliare sono io, che prendo tutto per ischerzo, o lui, che interpreta la vita come una condanna ai lavori forzati".

Il fatto è che il divertimento, il gioco, per essere fatti bene devono essere interpretati come un "lavoro", a cui sacrificare tutto il resto: solo così si diventa artisti della goliardata. Solo così si occupano i tempi morti della vita (che sono la maggioranza) e si sconfigge quel taedium vitae che traspare nemmeno troppo velatamente in ognuna delle loro esistenze.

 

Quella incapacità di appassionarsi ad alcunché o meglio la voglia, sorniona, di pensare troppo intensamente a qualcosa di anche lontanamente serioso: la famiglia, il lavoro, il buon gusto... Niente merita veramente la pena di impegnarvisi con tenacia, se non la ricerca di nuove trovate, di invenzioni teatrali, di sotterfugi con i quali dimenticarsi le tristezze e le brutture che circondano. Perfino al dramma della morte.

Nelle ultime battute della storia, di fronte al feretro, la ex-moglie  e l'amico fraterno dicono entrambi: "Ma che è morto davvero?", ma la differenza di tono e di significato è evidentemente palese, perché i due intendono qualcosa di diametralmente opposto.

 

Una grande opera malinconica sul senso della vita che usa il tono di commedia per farci ridere e riflettere. E, al rivederla, non si può non pensare a Monicelli e alle sue scelte estreme.

 

 

Grandissimo il cast, che non ha un vero protagonista ma funziona davvero coralmente.

Come curiosità pare che Monicelli avesse pensato a Mastroianni nel ruolo del conte in disgrazia, mentre Tognazzi avrebbe dovuto interpretare il giornalista; al rifiuto di Mastroianni (schivo e pensieroso perché riteneva che nei film corali la sua prestazione venisse sempre superata dagli altri attori co-protagonisti), si pensò prima a Raimondo Vianello - che però rifiutò anch'egli - e poi furono rimescolati i caratteri, per cui il conte spettò a Tognazzi, e per la parte del giornalista fu ingaggiato Philippe Noiret.

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