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The War - Il Pianeta delle Scimmie

Regia di Matt Reeves vedi scheda film

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La recensione su The War - Il Pianeta delle Scimmie

di emil
8 stelle

L’epilogo della guer­ra tra uomini e scim­mie. Il travaglio in­teriore del leader Cesare. Un “apocalypse” che rievoca un’ intero immaginario tra plagi ed omaggi al mondo del cinema.

 

C’è davvero tanta ro­ba in questo terzo capitolo che dovrebbe (oggi non si sa mai) chiudere questa ri­uscitissima trilogia.

Un protagonista anim­ale più umano degli umani , reso penetra­nte da un uso superbo della motion captu­re e dalla performan­ce “chippata” di Andy Serkis (almeno una nomination?), che prova sulla propria pelle il dolore per la perdita e  l’abban­dono; la rabbia lo spinge all’azione, le privazioni subite ne purificano l’anima, quando infine acco­glie la “pietas” si scopre davvero leader supremo. La statura tragica di Cesare è un capolavoro di caratterizzazione def­inita minuto dopo mi­nuto lungo un proces­so iniziato nel primo episodio e conclus­osi come nessuno di noi vorrebbe mai.

Una scimmia la cui cos­cienza è scossa da fantasmi (quello di Koba, uno dei persona­ggi più riusciti del­la trilogia) e lacri­me in digitale,  cap­aci di emozionare co­me fossero vere.

Un carisma enorme che trabocca primo piano dopo primo piano, che trova la giusta mi­sura attraverso la non violenza.

Antagonista di Cesare è il colonnello Mc­Cullogh (Woody Harre­lson), emblema della pazzia, rimasuglio di un umanità logora ed in guerra con i propri simili, barri­cato in una fortezza bunker, avamposto ostentato di torture e privazioni che nas­condono un baratro emotivo che respinge ogni ideale di pace ( omaggio,non plagi­o, al Kurtz di Apoca­lypse Now).

 

Il diverso trova l’i­dentità nel concetto di comunità, quella delle scimmie. Una comunità solidale e pronta al sacrificio, che in obbedienza al proprio istinto sceglie la fuga come via di sopravvivenza.

 

Perché la guerra è roba da animali, la guerra la fanno gli uomini.

 

Un film che sacrifica un pizzico di azio­ne rispetto ai primi due, a metà tra str­ada tra western e me­lò, è capace di toccare vette di epica tot­ale.

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