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Pulp Fiction

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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La recensione su Pulp Fiction

di FilmTv Rivista
10 stelle

Comincia in una tavola calda, con una coppia di fidanzati un po' scoppiati che discutono sulla maniera migliore di far soldi; e, visto che le rapine agli spacci di alcolici sono diventate troppo pericolose, i due si guardano teneramente, si baciano e, pistola spianata, saltano in piedi urlando come assatanati e rapinano la tavola calda. Prosegue con due killer, un nero e un bianco che è appena tornato dall'Olanda, che disquisiscono sulla maniera europea di mangiare gli hamburger, poi regolano i conti con una banda di pivelli, e uno dei due (Travolta, con l'anellino all'orecchio) porta a ballare la ragazza del suo capo (Uma Thurman, con la pelle più bianca e i piedi più belli della storia del cinema). Flashback su un ragazzino che riceve da un militare pomposo l'orologio d'oro lasciatogli dal padre (conservato per i 5 anni della prigionia nell'unico anfratto del corpo nel quale i giapponesi non frugano, ed espulso con un attacco di dissenteria). Da grande, il ragazzino è il pugile suonato Bruce Willis, anche lui sulla lista nera di due killer. Qualche altro massacro, un paio di scontri a fuoco e un sacco di personaggi dementi, poi ci si ritrova tutti nella tavola calda dell'inizio, con i due fidanzati rapinatori faccia a faccia con i due killer. Il bello è che gli episodi non sono in successione cronologica (e talvolta incontriamo chi abbiamo visto morire nell'episodio precedente); e che (ancora più bello), per quanto cerchiate e analizziate, non troverete un solo, minimo errore di costruzione e consequenzialità, in questo secondo, irresistibile travolgente pastiche di Quentin Tarantino. Pulp Fiction (che in America designa la letteratura gialla un po' sensazionalistica, che negli anni ’40 e ’50 si stampava sulla carta più scadente) è la risposta di Tarantino a tutti quelli che si sono indignati per il troppo sangue versato nelle Jene; ne versa altrettanto, ma con ironia più esplicita e irridente. A tutti quelli che hanno liquidato Le jene e Una vita al massimo (scritto da Tarantino e diretto da Tony Scott) come banali action movies tutti effettacci; invece Tarantino gioca soprattutto sulle sceneggiature, geniali, di ferro; ricchissime. A tutti quelli che l'hanno scambiato per l'ennesimo ragazzaccio alla moda, senza capire che il suo cinema è l'ultima mutazione possibile di «quei cattivi ragazzi» (e dell'iperrealismo disperato) di Scorsese: quella che rivolta tutto in una risata macabra, lacerata, autoironica. La nuovissima Hollywood comincia da qui.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 46 del 1994

Autore: Emanuela Martini

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