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Un sogno chiamato Florida

Regia di Sean Baker vedi scheda film

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La recensione su Un sogno chiamato Florida

di alan smithee
7 stelle

Dopo gli ottimi Starlet e Tangerine, Sean Baker conferma il suo talento di filmaker indipendente e la passione smodata per i colori e le tonalità pastello. Drammatico e serio, senza dimostrarlo.

CANNES 70 - QUINZAINE DES REALISATEURS - 35 ° TFF: FESTA MOBILE 

L'estate è arrivata e i paradisi artificiali, colorati e kitsch di una Florida che pare un effimero ed ingannevole, ma accattivante, paese dei balocchi offrono ad un gruppetto di bambini l'occasione di divertirsi, scatenarsi dal mattino alla sera.

La piccola Moonee ha un carattere trascinante ed una esuberanza che non è  certo frenata da un premuroso controllo materno, pressoché inesistente. Infatti la genitrice è una ventenne sciroccata ed indigente, irresponsabile e ribelle che si paga la camera del motel color lilla che le ospita, con tutti i mezzi di fortuna e sussistenza esistenti ed ipotizzabili.

A badare all'esuberanza incontrollata della bimba è piuttosto il burbero responsabile del complesso (Willem Dafoe, straordinario!), che sembra inflessibile e duro, ma in realtà è solo un uomo giusto e rigoroso, che pretende il rispetto delle regole, ma sa capire quando un debole ha bisogno di tutela e appoggio morale e sostanziale.

The Florida Project ci lascia addosso e nella memoria il suo viola sconsiderato e perenne che domina facciate e tetti con graduazioni e tonalità svariate e quasi senza ritegno, come nell'illusione di trovarsi nel mondo di una favola in cui tuttavia nulla è mai veramente gratis o senza contropartita. Un film indipendente di gran ritmo, brioso ma anche molto serio nelle sue argomentazioni di fondo tutt'altro che leggere, e che ci permette di rivedere al lavoro Sean Baker, un nome che ricordiamo con molto favore grazie ai suoi precedenti molto riusciti ed altrettanto indipendenti Starlet e Tangerine.

Anche questa sua opera non manca di carattere, di ritmo, di colore (nel vero senso della parola ma pure a livello di tematiche umane), ed è in grado finalmente di parlarci di infanzia, bambini e dei loro momenti di complicità, svago, ma pure tendenze delinquenziale innate, senza ricorrere a moralismi fastidiosi o zuccherose inutili prediche.

L'America che fa da sfondo, è nuovamente quella colorata ed ingannevole, proprio perché artificiale e artificiosa, dell'illusione ottica, non più hollywoodiana come in Tangerine, ma dei parchi tematici e di divertimento della costa Est.

Nel contesto ampio e dilagante non tanto del turismo di massa, ma piuttosto di chi vive in zone turistiche una vita di puro sostentamento, contando solo sulle limitate risorse prodotte da un impiego spesso occasionale e temporaneo, e da un affetto filiale che spesso arreca ulteriori pensieri e problematiche, ma è l'unica alternativa alla solitudine più totale.

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