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Beata ignoranza

Regia di Massimiliano Bruno vedi scheda film

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La recensione su Beata ignoranza

di mc 5
5 stelle

Abbastanza di recente mi è capitato -in questa sede- di occuparmi del nuovo film di Riccardo Milani con Cortellesi/Albanese e ho spiegato, introducendo il mio commento, che quel film mi era piaciuto talmente da ribaltare il mio pregiudizio negativo trasformandolo in impressione quasi entusiasta (ho detto "quasi", mica si parla di una pietra miliare nazionale). Ebbene -e vi prego di credermi- adesso nel trovarmi a formulare il delinearsi di una situazione opposta mi piange il cuore. Soprattutto perchè il lavoro precedente del bravo Massimiliano Bruno ("Gli ultimi saranno gli ultimi") lo avevo letteralmente adorato, quasi fino a farlo diventare un mio film italiano di culto. Ma prima inquadriamo brevemente l'arte di Bruno. Sicuramente uomo di cinema intelligente e assai brillante, ha al suo attivo una manciata di prodotti che stanno a testimoniare la sua voglia di (in qualche modo) "emergere" dalla mediocrità della commedia comica italiana piu' ordinaria e gastronomica. Per quanto anche lui stesso di commedie -appunto- piuttosto ordinarie e piacione non se ne sia fatte mancare, ma -assieme a queste- ha realizzato anche qualche buon film. Tutte commedie, certo, ma fino a quel punto che ha segnato un discrimine importante. Cioe' fino a quando non ha colto di totale sorpresa tutti quanti (me compreso) dirigendo un film davvero scioccante e appassionato, di contenuto altamente drammatico ("Gli ultimi", appunto) che mi si conficco' nel cuore come un dardo di fuoco. Un film indimenticabile. Memorabile. E io a questo punto mi aspettavo da Bruno un altro film, rispetto a quello che "Beata ignoranza" mi ha riservato. Facciamola Breve: Bruno è tornato a "maneggiare" la commedia. Eh ma posso capirlo. Sì perchè io penso che se si affronta il comico, in qualche modo ci si arrabatta e se ne esce vivi mentre se si lavora al drammatico, beh, bisogna averci due palle così (attributi che Bruno, anyway, col precedente lavoro ha dimostrato di possedere). Ma veniamo a questo suo nuovo film. Giuro che ero partito con le migliori intenzioni e dunque mosso da pregiudizio largamente positivo. Sia chiaro (molto chiaro) che il film è di buon livello e diretto con mano tutto sommato felice. Tuttavia non nascondo un certa qual delusione . E non soltanto perchè il regista proveniva da un film che mi aveva squarciato l'anima e profondamente segnato, ma perchè strada facendo -pur partendo col piede giusto- l'opera si sfilaccia e si sfalda pian piano, verso un finale piuttosto banale e ordinario, piega che comunque il film prende circa gia' a meta' del suo percorso. L'opera ci racconta di due colleghi professori di liceo che interpretano personaggi opposti: uno super tecnologico e l'altro legato invece ad una cultura classica e tradizionale. Per una specie di gioco, che adesso sarebbe complicato spiegare in due parole, i due si cimentano nell'impresa di scambiarsi i ruoli rispetto alla tecnologia e ai suoi simboli, a partire ovviamente dal cellulare e dal computer. Fin qui l'intento pare interessante e sicuramente stimolante, anche a livello di sceneggiatura. Poi ci si mettono di mezzo elementi che trascinano questo racconto verso una deriva di inconcludente cazzeggio, includendo storielle amorose, una soluzione melodrammatica trattata secondo me poco felicemente, poi a questo aggiungerei una scelta di casting in buona parte sbagliata. Insomma dopo l'avvio interessante dove i due profesoori intraprendono questo gioco delle parti cui accennavo, il film non sa piu' come muoversi e allora escogita svolte improbabili e confuse che rendono la narrazione piuttosto vaga e discutibile. Parlavo prima di cast non proprio azzeccato. E non mi riferivo di certo ai due valorosissimi protagonisti. Marco Giallini è sempre piu' bravo e pronto ormai a qualunque tipo di ruolo e di film. Per Gassman stesso discorso: sempre piu' in forma, grande istrione. Purtroppo sono entrambi penalizzati da una sceneggiatura che -come ho gia' rimarcato- a meta' film s'inceppa e procede a scatti. Carolina Crescentini è sottoutilizzata e per quel pochissimo che appare non mi è sembrata esaltante. La giovanissima e assai graziosa Teresa Romagnoli -figura fondamentale della vicenda che impersona una sensibile ragazza madre- è brava ma penalizzata da un ruolo eccessivamente mèlo che spesso supera i limiti del patetico. Poi c'è tutta una serie di attori di contorno (caratteristi e non solo) che o sono mediocri oppure poco valoriizzati (o valorizzati maldestramente, questo è da vedere), a partire da una catastrofica Valeria Bilello, penalizzata da un ruolo decisamente stupido ed improponibile, quasi fino a rovinare buona parte del film con la sua insipienza (la scena in cui lei attira il prof Giallini in un'aula di scuola vuota per consumare una sveltina si manifesta in una sequenza vomitevole che mi ha disgustato per la sua imbarazzante banalità. In definitiva, il film si salva parzialmente per l'evidente carica di impegno profuso da due professionisti come Giallini e Gassman, ma viene affossato da tutto il resto. La "piacioneria" nelle commedie italiane è sempre dietro l'angolo: qui meno che altrove, però c'è. Qualcuno, certo, la chiama "simpatia", ma sul significato del termine potremmo discutere per ore e ognuno resterebbe della propria opinione.

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