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Beata ignoranza

Regia di Massimiliano Bruno vedi scheda film

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La recensione su Beata ignoranza

di Piace91
3 stelle

Mamma mia, che confusione. Esci dalla sala e non sai che film hai visto. Un'opera satirica? Fino a un certo punto. Una commedia contemporanea di costume? Solo di facciata. Un pippone melenso sui rapporti familiari? A volte. Un minestrone di mille ingredienti amalgamati malissimo? Eh, forse proprio questo. Sotto sotto mi dispiace, perché Massimiliano Bruno mi sta molto simpatico (lo riconduco sempre al mitico Borro di Coliandro), ma qui ha sbagliato tanto: in primis sceneggiatura, caratterizzazione dei personaggi e gestione delle tematiche. 

 

Ernesto e Filippo sono due insegnanti delle superiori estremamente diversi tra loro, soprattutto nell'opposto rapporto con le nuove tecnologie e, allargando il campo, con la vita in sé. Dopo una furiosa litigata, i due diventano protagonisti di un documentario sui rapporti interpersonali, in cui Ernesto si dovrà aprire allo smartphone, mentre Filippo ne sarà privato. I due, oltretutto, dovranno vivere sotto lo stesso tetto. Fin qui tutto chiaro, non fosse per l'interferenza di altri mille fattori che mischiano le carte fino al punto in cui non ti raccapezzi più. Amori passati, la figlia di uno che si scopre figlia dell'altro, quest'ultima che è a sua volta incinta di non si sa chi, poi arriva una collega che si è concessa a uno e poi all'altro... insomma, il film è un cassetto di oggetti stipati alla rinfusa ed è dominato da una confusione di fondo che non ti lascia focalizzare sullo snodo principale. Sempre che ci sia.

 

La sceneggiatura è un delirio di scene che non si uniscono le une con le altre: sicuramente il comparto più malridotto dell'intero film, che alla fine è sovraccarico, fumoso, sconnesso e stancante. I due protagonisti sono caratterizzati malamente: uno è "cattocomunista" ma "democristiano dentro", l'altro è dipinto come un ignorante, mezzo deficiente che votava Berlusconi (democristiano, berlusconiano... che belle etichette per una commedia definita contemporanea!). Alla fine emergono due caratteri sconclusionati, che fai fatica ad afferrare. Guardano in macchina, rompono la quarta parete, fanno da spettatori al loro passato per poi tornare normali. Insomma, non c'è un ambito in cui non regni il caos. Ah, uno di loro parlerà anche con un morto in una delle scene più trash della storia.

 

La gestione delle tematiche è lasciata al caso: si spazia dal rapporto con la tecnologia, rapporto con gli studenti, rapporti padre-figlia, rapporti coi colleghi e rapporto con se stessi in un girotondo senza senso. E come se non bastasse, anche tutto ciò che sta in secondo piano o ti confonde (perché mai un berlusconiano divide un appartamento da hipster con due tossici mezzi hippie?) o ti irrita (genitori che si trombano i professori, professori che si trombano tra loro, personaggi che saltano fuori senza motivo). Cosa si salva? Qualche personaggio secondario e la scrittura dei dialoghi, che lascia posto a qualche momento comico in mano a due attori che personalmente non ho mai visto recitare male. 

 

Alla fine, dopo tutto questo delirio, esci dalla sala pieno di dubbi e domande. Non capisci minimamente cosa il regista ti volesse comunicare con il suo lavoro. Nemmeno lo smartphone ti può aiutare. 

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