La recensione su Poveri ma ricchi

di IlGranCinematografo

6 stelle

Al classico scollamento tra ricchi e poveri si affianca quello tra ricchi "vecchio stampo" e ricchi odierni e quello tra ricchi di denaro e ricchi "dentro".

Nel film di Fausto Brizzi, remake del francese (inedito in Italia) Les Tuche, al classico scollamento tra ricchi e poveri si affianca quello tra ricchi "vecchio stampo" (che scialacquano il proprio patrimonio in cose futili) e ricchi odierni (salutisti, filantropi e amatori dell'arte contemporanea) e quello tra ricchi di denaro e ricchi "dentro" (in effetti, la storia d'amore tra Enrico Brignano e Lodovica Comello verte su questo). Ma i Tucci, che vincono cento milioni di euro e non hanno la mentalità "da ricchi" per spenderli, sono in verità dei "poveri coi soldi": così li definisce il piccolo Kevi (senza la enne) in qualità di voce narrante. Le considerazioni sopra esposte sono prive comunque di mordente satirico, in quanto ammorbidite da un piglio farsesco che prende quasi sempre il sopravvento sulla realtà. La spenta e vieta mezz'ora iniziale non promette nulla di buono, poi però il meccanismo ingrana e i sorrisi affluiscono senza problemi per la simpatia del cast – un Christian De Sica con parrucca, barba incolta e tuta da ginnastica, Brignano, Lucia Ocone, il maggiordomo Ubaldo Pantani, Anna Mazzamauro in spolvero, Al Bano e Gabriel Garko in cameo – e un paio di sequenze divertenti (la misera cena natalizia e il concitato compleanno), sebbene vi siano anche gag di seconda e terza mano e la verosimiglianza vada calando. Sceneggiatura di Marco Martani e del regista.