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Hiroshima, mon amour

Regia di Alain Resnais vedi scheda film

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Marcello del Campo

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La recensione su Hiroshima, mon amour

di Marcello del Campo
10 stelle

Hiroshima mon amour (1959) ci conduce in un universo dove la storia agisce in trasparenza. Dietro una fragile vicenda d’amore c’è la muta presenza del ricordo di Hiroshima. In tutta la prima parte del film, alle immagini indistinte, quasi confuse degli amanti si alternano visioni impietose di un documentario.

Eiji Okada, Emmanuelle Riva

Hiroshima, mon amour (1959): Eiji Okada, Emmanuelle Riva

 

 

HIROSHIMA MON AMOUR   6 agosto 1945 – 6 agosto 2011  

 

 

… e pelli umane, fluttuanti, sopravvissute, ancora fresche delle loro sofferenze … e le pietre … le pietre bruciate, le pietre esplose e le anonime capigliature.

 

Avremo diecimila gradi sulla terra. diecimila soli si dirà, brucerà l’asfalto, regnerà un profondo disordine, un’intera città sarà sollevata da terra e ricadrà in cenere e vegetazioni nuove sorgeranno dalla sabbia.

 

… Io ti incontro e ricordo di te. Questa città era fatta su misura per l’amore. Tu eri fatto per il mio corpo. Chi sei? Tu mi uccidi. Avevo fame: fame d’infedeltà, d’adulterio, di menzogne e di morte, da sempre. Sapevo che un giorno ci saremmo incontrati.

 

Divorami: deformami a tua somiglianza, così che nessun altro, dopo te, non capisca il perché di tanto desiderio. Resteremo soli, amor mio. La notte non finirà, il giorno non sorgerà più per nessuno mai, mai più.

 

Ho dimenticato tutto. Storia da quattro soldi io ti dimentico. Una notte lontana da te e attendevo il giorno come una liberazione. Un giorno senza i tuoi occhi ed ella ne muore, ragazzina di Nevers, monella di Nevers.

 

Quattro volte al museo a Hiroshima. Ho guardato la gente. Ho guardato me stessa pensosamente … il ferro … il ferro bruciato … il ferro spezzato … il ferro fatto vulnerabile … come la carne.

 

Non hai visto un ospedale a Hiroshima. Non hai visto niente a Hiroshima.

 

Eiji Okada, Emmanuelle Riva

Hiroshima, mon amour (1959): Eiji Okada, Emmanuelle Riva

Hiroshima mon amour (1959) ci conduce in un universo dove la storia agisce in trasparenza. Dietro una fragile vicenda d’amore c’è la muta presenza del ricordo di Hiroshima. In tutta la prima parte del film, alle immagini indistinte, quasi confuse degli amanti si alternano visioni impietose di un documentario; una voce femminile commenta:

 

Pietre, pietre bruciate, pietre esplose, anonime capigliature che le donne di Hiroshima, risvegliandosi al mattino, ritrovano intere e cadute...

 

interrotta subito dopo dalla voce dell’uomo che dice alla donna:

 

Non hai visto nulla a Hiroshima, nulla.

 

La trama del film è questo esile legame tra un'attrice venuta a Hiroshima per girare un film sulla pace e un architetto giapponese.

Nella donna affiora il ricordo dell’occupazione francese: mentre l’amante dorme, lei non può impedire che il passato salga alla soglia della sua coscienza e questi suoi ricordi si intreccino con le immagini del documentario di prima. Il passato sprigiona con dolorosa intensità: sullo schermo affiora la storia diversa di un altro amante, un tedesco conosciuto dalla donna a Nevers quindici anni prima. Ne vediamo il cadavere in un rapido flash, mentre con uno splendido processo di condensazione onirica, la donna grida al giapponese:

 

Hi-ro-shi-ma è il tuo nome...

 

E il tuo nome è Nevers... Nevers-en-France…

 

Il passato si rivela nel presente, nell’unita del flusso di coscienza o in momenti emotivi simili alle ‘intermittenze del cuore’ di Proust o alle ‘epifanie’ di Joyce.

Hiroshima evoca i problemi della storia in una prospettiva contemporanea, l’esplorazione di un’anima attraverso gli incubi del passato. Il montaggio asseconda la rêverie con artifici semplici fortemente evocativi: l’alternarsi di carrellate oblique di eguale velocità, attraverso le quali Nevers si confonde con Hiroshima e Hiroshima con Nevers.

Le tristi facciate della vecchia città francese e le gelidi luci della metropoli nipponica si fondono dando vita a uno spettacolo di grandissima suggestione.

 

Marguerite Duras forse eccede in dialoghi troppo emotivi, ma la scrittrice, prima di cominciare la sceneggiatura, fu così presa dall’emozione che affermò: “Un alone particolare doveva aureolare ogni gesto, ogni parola, con un significato supplementare al loro senso letterale.

Dopo la tragedia fascista, le bombe di Hiroshima, la guerra e la morte, a ragione Resnais e Duras premono il pedale dell’angoscia.

Il tempo e lo spazio si disgregano di fronte al lutto.

Non è affatto banale perciò la perdita del senso:

 

Il tempo per cosa? Per viverne? Per morirne? Il tempo per sapere. Questo non esiste. Né il tempo per viverne. Né il tempo per morirne. Allora io me ne infischio.

Hiroshima, mon amour (1959): Trailer ufficiale italiano | Il cinema ritrovato. Al cinema

 

altre opinioni.

 

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