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Dark Skull

Regia di Kiro Russo vedi scheda film

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La recensione su Dark Skull

di OGM
7 stelle

Nero non è il fondo dell'anima, né il cunicolo della miniera. Lo è solo il cuore che ha rinunciato a sognare.

Nelle miniere boliviane c’è tanto rumore. I macchinari intonano una strana melodia heavy metal. Solo Elder tace. È l’unico in grado di scovare, in quell’inferno, nicchie di assoluto silenzio. Si è portato dietro la musica assordante delle discoteche, lo stordimento dell’alcol, della droga, delle bravate che finiscono a cazzotti. La sua vocazione da balordo fa da corazza all’anima. Solo il suo cervello avvezzo alla cattività riesce a penetrare quella vita stretta come il buco di una serratura. La luce è fioca, nel quadro distante di una porta aperta su un oltre messo in cornice. Non ci si vede, in quell’aldilà pieno di una luce fredda: tia Maria si affaccia sullo sterminato buio di una notte di montagna, mentre si irradia, nel nulla, il suo canto di sconfinato dolore. Il suono è l’unica materia, in quel deserto di sassi e oscurità, forato dalle scintille incandescenti delle torce elettriche, che trapassano l’aria, come per saldarne l’essenza sfuggente. Il padre di Elder è morto senza un perché. Lui ne ha preso il posto, in quei cunicoli in cui si scava il carbone, ma il suo pensiero in gabbia riesce ad andare dove le sue mani non arrivano, spingendosi verso i confini di un mondo sotterraneo che è solo la pacifica proiezione di quello inquieto e incomprensibile, che, sulla superficie, si agita e si scuote in un ballo scomposto. Elder non parla, non cerca di capire. Si ubriaca di rassegnato stupore laddove gli altri si frastornano con parole che non vanno a segno, che girano intorno e non si posano mai, su quel paesaggio che respinge l’umanità pensante, che ammette solo la contemplazione primitiva, quella degli istinti sperduti, solitari e fini a se stessi. Il film di Kiro Russo racconta la difficoltà a scorgere l’orizzonte, in una terra in cui si può solo cadere, tentare di fuggire,  oppure cercare riparo in un fantasioso oblio. Elder è un animale ramingo in mezzo a fantasmi che invece preferiscono stare fermi, che dormono mentre lui è instancabilmente impegnato a sognare. È forte la suggestione di una lontananza inafferrabile, in questo ritratto di un angusto universo senza fondo. Il senso della profondità è la metafora prospettica del limite che blocca il passaggio, che illude con l’offerta di una direzione, per poi strozzare il cammino. C’è, però, un’ipotesi muta, che comunque riesce a incunearsi, in quel crudele imbuto. È l’insulsaggine di un vagabondo che non si arrende all’evidenza, che non si lascia sviare dall’immagine contorta del labirinto, che è uno spostato e,  proprio per questo, non smarrisce mai la strada.  

 

scena

Dark Skull (2016): scena

   

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