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Cane di paglia

Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film

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La recensione su Cane di paglia

di maso
8 stelle

L'intelletto contro la forza bruta, l'astuzia che sconfigge la violenza, la territorialità animalesca e l'istinto di conservazione dei limiti di proprietà, il cane di paglia che subisce senza reagire i colpi dei suoi oppressori fino ad incendiarsi per arderli in un fuoco mistificatore, la consapevolezza di percorrere una strada buia nell'impossibilità di accendere una luce che faccia chiarezza.

"Straw Dogs" è un film che fece scalpore alla sua uscita a causa dell'asprezza disturbante delle immagini che lo caratterizzano ma ancor più per il tema trattato, all'alba degli anni settanta a braccetto con "Arancia meccanica" pose l'attenzione sulla perforabilità del proprio domicilio, fu questo a mio avviso l’aspetto che più scioccò l’opinione pubblica all’uscita di entrambi i film che pur essendo diversissimi per trama e contenuti hanno in comune la sequenza dell’irruzione di un gruppo di balordi inferociti e sballati in una abitazione con i suoi occupanti all’interno, Peckimpah stesso dichiarò apertamente che la parte del romanzo che lo aveva invogliato a realizzarne il film era quella dell’assedio finale, mentre non riteneva particolarmente interessante tutto ciò che conduce a quella sequenza che nel bene o nel male ha un posto di rilievo nella storia del cinema ma dovendo fare un’analisi schietta non si può negare che il lungo preambolo che la precede gli è assolutamente complementare visto che rappresenta la fase in cui il cane di paglia subisce le angherie dei suoi aguzzini senza mai reagire, incassando in silenzio le loro provocazioni.                

Lo zio Sam ha sempre imbevuto i suoi film di un incurabile pessimismo e i caratteri che si muovono al loro interno sono simboli di segno negativo, in “Cane di paglia” il tutto è amplificato dal fatto che i personaggi sono tutti pessimi, nessuno escluso, a cominciare dal protagonista David Sumner che si fa forte della sua cultura e dell’autocontrollo nonostante sia consapevole dell’astio nei suoi confronti palesato dall’intera comunità, il fatto che lui sia un intellettuale proveniente da una grande città per giunta americano e ha sposato una ragazza fuggita da quel microcosmo di insulsi contadini lo pone nella condizione di essere malvisto da tutti a prescindere dal suo reale valore ma è la sua passività iniziale a non renderlo simpatico neanche a noi che lo osserviamo, ancor più lo è sua moglie Amy che non sembra essere soddisfatta né dalla quotidiana compagnia di David né dalle attenzioni pressanti di Charlie, lei consapevole del desiderio di averla del vecchio amico di infanzia lo provoca mostrandosi senza veli, sostando davanti alle finestre mentre lui e la sua truppa di viscidi amici sono intenti a ristrutturare il casolare, il tira e molla fra Charlie ed Amy sfocia in una scena di violenza carnale che rimanda nuovamente ma sempre diversamente ad “Arancia Meccanica” poiché girata da Pekcimpah con morbosa ambiguità, come se la ragazza desiderasse una tale sottomissione e sembra che dal primo montaggio furono tagliate alcune immagini che evidenziavano in maniera troppo esplicita le espressioni di godimento di Amy che da quel momento in poi è passiva tanto quanto David, la carrellata di personaggi osceni comprende l’intera comunità rurale abituata a divertirsi sotto l’effetto di dosi massicce di bevande alcoliche, tra loro c’è una figura femminile coeva a quella di Amy: Janice Hedden è una ragazzina precoce che imprudentemente avvicina lo scemo del villaggio Henry Niles, se è vero che due indizi fanno una prova sembra proprio che l’intenzione sia quella di mettere in evidenza come la curiosità e il gusto di assaporare qualche cosa di diverso siano due punti deboli della personalità femminile, a conti fatti sono sempre loro la causa principale dello scontro uomo a uomo.                   

Il pessimismo del vecchio Sam è quindi spalmato per il 99% della pellicola e quell’uno percento che avanza lo lascio all’ultimissima scena in cui intelletto e demenza sono messi sullo stesso piano e ci scappa un sorriso.

Dopo i quarant’anni trascorsi dalla sua realizzazione questo film è stato rifatto e non avendo visto il remake non mi sento di dargli un giudizio negativo a scatola chiusa, ma non credo possa competere con la sua matrice originale, come si fa a tenere testa alle trovate semplici e geniali di Sam Peckimpah: nella sequenza in cui Hoffman si presenta per la prima volta nella locanda suscitando gli sguardi curiosi degli avventori il leggendario Dustin entrò in scena senza pantaloni sotto suggerimento del vecchio Sam, che ottenne proprio grazie a questo stratagemma le occhiate stupefatte dei suoi attori, nella sequenza in cui Hoffman colpisce ripetutamente con una mazza da golf uno dei suoi aggressori si vedono volare nel frame dei frammenti di materia cerebrale che in realtà erano noci di cocco poste sul pavimento; anche la scelta degli attori fu  molto oculata visto che come nella novella si contrappongono un americano DOC come Hoffman, bravissimo e azzeccatissimo per il suo ruolo e un plotone di minacciosi attori britannici come se si volesse davvero creare un contrasto  fra queste due culture anche all’interno del film, Susan George vinse la concorrenza di Helen Mirren e Charlotte Rampling conscia del fatto di dover recitare un ruolo da gatta insoddisfatta, per non parlare della scena dello stupro nella quale Peckimpah voleva riprendere interamente il suo corpo sottoposto ad un atto di sodomia ma il rifiuto dell’attrice lo fece privilegiare le smorfie di sofferenza nei primi piani, infine David Warner che non venne accreditato pur avendo il ruolo chiave del matto Henry Niles perché era reduce dalla frattura di una gamba e quindi non assicurabile, la sua zoppia nel film è reale e dato che stava attraversando un periodo di stallo professionale fu proprio Peckimpah a volerlo scritturare certo che in caso di incidente non avrebbe mai avviato una causa per guadagnarci dei soldi.

“Cane di paglia” è un film di Peckimpah al 100 per 100 sia per i pregi che per i difetti, che sono limitati a mio avviso a qualche scelta di regia un po’ grossolana caratteristica dello stile del suo discusso autore come il ralenty assolutamente fine a se stesso ma è pur sempre un cult movie da vedere, esponente del tipico stile aggressivo degli anni settanta e il fatto che ancora oggi sia di disturbo per chi ha lo stomaco delicato significa che è un opera di indubbio valore.

 

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