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Voglio la testa di Garcia

Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film

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La recensione su Voglio la testa di Garcia

di Peppe Comune
9 stelle

Messico. Un ricco e potente piantatore darà un milione di dollari a chiunque gli porterà la testa di Alfredo Garcia, uno dei suoi più fidati collaboratori che ha messo incinta la figlia. La ricerca ha inizio e due distinti signori (Robert Webber e Gig Young) arrivano in un bar di second'ordine di Mexico City, proprio quello in cui lavora Benny (Warren Oates), uno spiantato che vive suonando il piano bar. Fiutato l'affare, Benny propone all'organizzazione di occuparsi lui di procurargli quanto richiesto, anche perchè ha saputo dalla sua donna Elita (Isela Vega), che proprio con il ricercato aveva avuto qualche settimana prima una storia, che Alfredo Garcia è morto in seguito a un incidente stradale. Si tratterà dunque di trovare una tomba e mozzare la testa a un cadavere. Sembra tutto molto facile, anzi la cosa ha tutti i crismi dell'occasione venuta a proporre un cambio di rotta a una vita magra di soddisfazioni. Ma un milione di dollari sono una cifra troppo grossa per non spingere un nutrito numero di persone a girargli avidamente intorno con la criminale pretesa di possederlo tutto per se e macchiare di sangue la speranza di un riscatto.

 

 

"Voglio la testa di Garcia" è la storia di un un viaggio che si compie sul confine tra la vita e la morte, tra la possibilità di una rinascita e la certezza della perdita dell'innocenza, dove ogni falla può aprire voragini maledette e un intoppo trasformare l'amore per una donna in odio per l'umanità intera. E' probabilmente il film più pessimista di Sam Peckinpah, quello in cui il suo allucinato nichilismo ha potuto esprimersi in tutta la sua deflagrante chiarezza e la violenza cieca e indiscriminata rappresentare compiutamente la metafora di un mondo giunto al capolinea delle sue più belle speranze. Benny concepisce la storia in cui si imbatte come l'occasione che mai più gli si ripresenterà, "ho il biglietto vincente e non me lo lascio scappare", dice con durezza a un Elita molto contrariata all'idea di dover profanare una tomba. Vuole risalire la china Benny, godersi finalmente la vita insieme alla donna che ama e il viaggio che intraprendono insieme vuole servire anche a rafforzare l'indissolubilità del loro rapporto attraverso la tenera condivisione dei ricordi (bella e struggente la scena del picnic). Ma proprio questo irrefrenabile desiderio d'amore e di rivalsa si trasformerà nell'elemento catalizzatore di tutte le vicissitudini che capiteranno a Benny : lo spingerà a intraprendere un viaggio agli inferi da cui non sarà facile ritornare indietro e ad armerà la mano di fredda precisione quando si frantumerà irrimediabilmente di fronte all'incedere imperioso della violenza. La forza seduttrice del danaro e la necessità della morte vanno a braccetto in questo sadico viaggio al centro del male di vivere dunque, un viaggio che Benny decide di condurre fino all'estreme conseguenze, come un eroe solitario che tenta di recuperare un senso per la calpestata sacralità della vita (magistrale l'evolversi del suo rapporto "con la testa" di Garcia) e di riscattarsi dall'ossessione dei sogni infranti. Dalle strade polverose di decadenti e inospitali villaggi messicani, alle stanze di alberghi di lusso e da qui ancora più in alto, fino al Moloch in persona, alla radice di un male determinato sempre dall'egoismo rapace dei più potenti e che sempre si riflette sull'esistenza dei più deboli. Benny è uno dei personaggi più esemplificativi della poetica di Sam Peckinpah, un cineasta che ha sempre posto la crudele legge del più forte al centro del suo cinema disincantato. Il capolavoro di un maestro. 

 

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