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Blade Runner 2049

Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film

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La recensione su Blade Runner 2049

di giansnow89
5 stelle

C'è poco da fare: i sequel di grandi cult del passato sono spesso grandi delusioni. Non basta ambientare qualcosina nella cittadina di Twin Peaks per ricreare i fasti della serie originale; non basta parlare di Forza e di Jedi per restaurare la magia perduta di Star Wars; non basta dare due guantoni a Sylvester Stallone per rifare Rocky; e così, non bastano nemmeno un po' di pioggia battente e di insegne al neon psichedeliche per poter esclamare con goduta soddisfazione "sì, questo è Blade Runner". Diciamocelo, il film di Ridley Scott aveva già esaurito tutto quanto aveva da dire. L'epopea tragica e fugace dei replicanti si era conclusa con la morte di Hauer. Il rapporto tra l'uomo e la sua creazione era già stato esplorato a fondo, così come le conseguenze di un progresso fuori controllo sulla natura. Era stata profeticamente anticipata l'incomunicabilità del nostro tempo, ed era stata messa in evidenza la perdita di colore della nostra esistenza: solo chi consideri la vita come un dono e non come un diritto/dovere - ovvero, i replicanti - può comprenderla nella sua pienezza. Essendo già stato detto tutto, quindi, questo nuovo Blade Runner è costretto a inventarsi nuove vie per interessare, e nel frattempo proclamare la sua indipendenza dall'illustre predecessore. Commettendo una cascata di errori. La lentezza, che nell'originale dell'82 è un plusvalore e un simbolo della pellicola, qui diviene noia della più barbosa specie possibile. Il motivo è semplice: il silenzio in Scott era saturato dalla ricchezza tematica, era attesa teatrale. Nella presente pellicola, stante un buco nero tematico di proporzioni colossali, la lentezza non è funzionale alla riflessione. Parliamo di un film scopertamente di vocazione action. Che però, per imitare ciò che è inimitabile, butta nel cestino l'azione e finisce per rimanere indeciso tra cosa è e cosa vorrebbe essere. Capitolo replicanti: lo sforzo ribellistico dell'82 era tanto epico perché i replicanti che vi aderivano erano un numero misero, briciole nello spietato meccanismo umano. Il loro tentativo era votato a fallimento certo, e noi li ammiravamo per questo. Che mi significa una rivoluzione globale della popolazione replicante? Dove sparisce il carattere fortemente identitario di questo e di quel replicante, se si ammassano in un cumulo informe e promiscuo? Villeneuve umanizzando i replicanti, li banalizza, gli toglie quell'afflato di grandezza che li pervadeva. Guai a rendere i replicanti fertili, guai a renderli longevi: la tragedia irrisolvibile di Hauer e dei suoi compagni viene irreversibilmente dissolta. C'è qualcosa da dire anche sul cast: Gosling, non voglio sparare sul pianista, è inadatto. E' un attore piatto, monoespressione, di quelli che oggi spopolano. Villeneuve aveva parzialmente deturpato il suo ottimo Sicario con la scelta della egualmente inespressiva Blunt, qua si rovina definitivamente con Gosling. Ford invece sembra trovarsi bene nella dimensione di personaggio fuori tempo massimo: ma quanto dispiace vederlo accantonato per il 70% del film per fare posto a Gosling?

 

Un'operazione che non s'aveva da fare: stavolta è toccato a Blade Runner essere sacrificato sull'altare del bisinissi, domani a chi toccherà? Ad Alex DeLarge, che ritroveremo invecchiato e con prole? Ad Antonius Bloch che, no, ci eravamo sbagliati, non era morto ed è pronto a una nuova partita con la Morte, magari a poker stavolta? 

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