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Logan - The Wolverine

Regia di James Mangold vedi scheda film

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La recensione su Logan - The Wolverine

di Raffaele92
8 stelle

Anziché accompagnato da musica pomposa ed effetti digitali, il titolo compare nella più anonima delle circostanze, neanche al centro dell’inquadratura ma a margine; immediatamente dopo giunge la furia splatter, e già qui capiamo di trovarci di fronte a qualcosa di completamente diverso (dai precedenti X-Men, dall'universo Marvel nel suo complesso e dalla dimensione patinata e fastidiosamente goliardica che ha sempre permeato questo tipo di operazioni).

Dopo aver creato e pedissequamente inseguito il mito, al cinema supereroico piace distruggerlo, mostrarlo perdente o sbandierarne il lato oscuro per – paradossalmente – donargli nuova linfa vitale e restaurato fascino. Fino ad ora si è quasi sempre trattato di falsi allarmi: guardate il terzo capitolo della trilogia di Spider-Man prima e di Iron Man poi, o il più recente "Captain America: Civil War". Tutti film, questi, nei quali pareva che l'eroe dovesse subire un ribaltamento morale in negativo, tanto è vero che si arriva addirittura alla guerra (per l'appunto civile) tra gli stessi. Eppure niente: zero ambizioni, nessuna traccia di sangue o cattiveria, dolore o rabbia, autentica sconfitta o dilemmi morali palpabili. Poi ecco questo "Logan", che non sposta l'asticella del cinema e, alla fin fine, si trova comunque a dover rispondere a esigenze di blockbuster. Però quanta carica e quanta veemenza! Nel dispiegarsi come un road movie di matrice classica e spiazzando di continuo lo spettatore con risvolti refrattari alla prevedibilità (miracolo per un film di questo tipo!), "Logan" avanza come un western crepuscolare, aspetto dal quale scaturisce il gigantesco parallelismo con "Shane" (1953), pellicola citata testualmente e il cui protagonista trova nel personaggio di Logan un alter ego resuscitato. James Mangold può permettersi di toccare i classici così da vicino perché, a differenza di molte sue precedenti prove, è questa volta in grado di render loro giustizia. L'atmosfera profondamente malinconica, i dilanianti abissi interiori e la senilità manifesta dei protagonisti si impongono come macigni giganteschi di un immaginario reale, concreto, vivo e pulsante, definitivamente estraneo alla dimensione fumettistica; a ragion di ciò, nel momento in cui lo stesso fumetto degli X-Men letto dalla ragazzina viene letteralmente (rin)negato da Wolverine, si sfiora perfino il discorso metatestuale.

Al netto dell'anima ludica della saga, ecco quindi un film in grado di ripagare le promesse: gli eroi diventano vecchi e si trovano a dover convivere con il disfacimento dei propri corpi e con la propria natura mortale, la gloria è sparita dall'orizzonte, gli effetti speciali cedono il posto all'introspezione e, finalmente, il cinema riesce a distruggere il mito. Quanto e se tale distruzione sia definitiva non posso spoilerarvelo, ma una cosa è certa: quella X ricavata da una croce smuoverebbe lacrime a una pietra, soprattutto con Johnny Cash nei titoli di coda a seguirla.

Questo epitaffio magnifico e meravigliosamente umano è, assieme a "The Winter Soldier", il miglior film scaturente dall'universo Marvel, un risultato altissimo per ottenere il quale bastava poco: un tocco di cuore e lungimiranza volti a mettere la crudezza in primo piano e ostentanti il sacrosanto coraggio di fregarsene del miope limite del divieto ai minori. È la terza pellicola dedicata al personaggio di Wolverine e la nona con riferimento agli X-Men nel loro complesso: peccato non esserci arrivati prima.

 

PS: nessuna comparsetta post-titoli di coda, a ragion di coerenza col resto.

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