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Happy End

Regia di Michael Haneke vedi scheda film

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La recensione su Happy End

di michemar
7 stelle

Di gente felice nelle storie dell’impassibile Haneke non ne esistono o perlomeno lo sono per convenzione e lui – penso – ha voluto creare un titolo non bugiardo ma provocatorio perché come al solito i suoi personaggi sono ordinariamente infelici.

Happy End. Felice cosa? Dov’è la Felicità? Il sarcasmo di Michael Haneke corrode come una ruggine aggressiva il metallo della nostra società, attacca come un virus - ma con l’intento di un antivirus, proprio perché vuole farci aprire mente e occhi sulla realtà - la nostra placida convinzione di vivere di una normale e quotidiana (dis)umanità. Ma felice cosa! Una felice eutanasia? oppure una felice eliminazione fisica adottata per pura compassione ed eccessivo amore come in ‘Amour’? Di gente felice nelle storie dell’impassibile Haneke non ne esistono o perlomeno lo sono per convenzione e lui – penso – ha voluto creare un titolo non bugiardo ma provocatorio perché come al solito i suoi personaggi sono ordinariamente infelici. Ancora una volta una famiglia agiata, una casa di lusso, ancora Jean-Louis Trintignant e per l’ennesima volta Isabelle Huppert, quest’ultima alla quarta prova con il regista austro/germanico, sempre con personaggi problematici.

 

Michael Haneke, Jean-Louis Trintignant

Happy End (2017): Michael Haneke, Jean-Louis Trintignant

 

Una famiglia composta ovviamente da persone ma i padroni di casa sono la l’aridità, il disagio mentale, l’apparenza prima di tutto, l’impresa familiare pericolante (come i loro appalti) tra le difficoltà economiche e quel “fastidio” dei migranti che a Calais abbondano. Cosa dice il patriarca che per strada incontra un gruppo di giovani nordafricani? Non ci è dato di saperlo con esattezza, il regista copre volutamente il dialogo con i rumori assordanti del traffico, come se se ne vergognasse  (ma ce la mostra, la scena, ah se ce la mostra! e ce lo vuol ben ricordare il nostro razzismo!) e noi possiamo solo intuirlo, visto che non solo i giovani di colore si allontanano stizziti ma anche un passante che si era fermato gli rivolge gesti non proprio convenevoli e amichevoli. Un nonno dai ricordi scalfiti dalla vecchiaia che è rimasto vedovo a causa di un gesto che spiegherà alla nipotina e che ci richiamerà alla memoria l’episodio sconcertante di Amour.

 

Isabelle Huppert

Happy End (2017): Isabelle Huppert

 

La regina della scena è un ruolo di cui si appropria ovviamente la Huppert nei panni di Anne, l’unico personaggio che riesce (?) a fatica a tenere la barra dritta della famiglia, tra le tante difficoltà dovute ad un figlio inquieto e psichicamente instabile, i guai finanziari e penali della ditta, i segreti del passato e l’anaffettività che abita la loro villa. Ma il vero filo conduttore, da cui prima o poi passano tutti, è una tremenda tredicenne, Eve, che sembra accumulare in sé i disagi di tutti gli altri. Li percepisce, nonostante la giovane età, li collega, li elabora. Non le sfugge nulla. E ciò che vuole immortalare lo registra sul suo smartphone a mo’ di social, un po’ come faceva – con ben altri intenti – la Paloma de Il riccio, che filmava tutto su VHS e lo commentava in diretta. Eve non solo assimila ciò che nota ma sa anche trarne le dovute deduzioni e non ha timore a chiedere chiarimenti, perfino al padre fedigrafo.

 

Mathieu Kassovitz

Happy End (2017): Mathieu Kassovitz

 

Come nel precedente Amour ogni personaggio pare legato e preoccupato per gli altri componenti familiari ma ognuno ha la sua vita, anche segreta, inconfessata. È facile e istintivo andare al concetto di “famiglia disfunzionale” ma capovolgendo la situazione a me è parso che singolarmente ogni componente viva invece in maniera “funzionale”, nel senso che ognuno di loro agisce e reagisce in funzione del proprio egoismo, pro domo sua. Secondo la legge di “ognuno per sé”.

 

Jean-Louis Trintignant

Happy End (2017): Jean-Louis Trintignant

 

La trama ci mette tempo per prendere forma, Haneke non ci racconta la storia con chiarezza all’inizio: sta a noi spettatori rammendare pian piano i personaggi e capire le loro relazioni, il loro rapporto con gli altri, i loro sentimenti, almeno quelli apparenti. Quelli reali verranno in seguito. E la nostra spia sarà la piccola Eve, ovviamente, che ci condurrà la mano per riunire i puntini numerati per arrivare al disegno definitivo dello scenario. Si ha sempre l’impressione che qualcosa possa accadere da un momento all’altro e l’atmosfera pesante e ansiogena viene come al solito accentuata da un’altra caratteristica fissa di Haneke: l’assenza di musica che “pesa” sempre, perfino sui titoli di coda. Dopo tanti anni di Haneke si fa ancora fatica ad alzarsi dalla poltroncina alla fine del film senza una musica che fissi nella mente quello che abbiamo visto. Lui non si accomiata come gli altri per lasciarci riflettere sul visto, no, lui ci abbandona, di colpo. Come un ospite che non ha gradito parlarci e ci pianta in asso. Il che rafforza la spietatezza del suo cinema, che tutte le volte ci ricorda quanto possano essere effimere le nostre impressioni sugli individui che incontriamo, sui rapporti che abbiamo con il prossimo, sulla lealtà e sincerità dei nostri vicini. Michael Haneke non è cattivo: lui sempre, puntualmente ci mostra in maniera spietata e glaciale cos’è il mondo: “Io spero che tutti i miei film siano osceni, in un senso o nell’altro.”

 

Film raggelante, passivo, inerte, malefico, anche se meno disturbante di altre volte. Forse per questo risulta meno incisivo del solito. O forse perché semplicemente la scena finale non si realizza pienamente in modo doloroso, come si poteva temere. E credo (perché no?) che lo spettatore in verità quella fine tragica la desidera, l’aspetta. Giusto per chiudere il cerchio. Film recitato come ci si può aspettare, cioè magnificamente, da tutti, ad iniziare dalla piccola Fantine Harduin, che ha (ve lo dico da adesso) il futuro assicurato come attrice. La rivedremo molte altre volte.

 

Fantine Harduin

Happy End (2017): Fantine Harduin

 

Film da vedere? Michael Haneke va visto SEMPRE! Anche stavolta, perché quell’immagine della famiglia seduta a tavola, tutti rivolti con il viso tra l’incuriosito e lo spaventato verso la camera da presa ho l’impressione che guardino noi. Ma è uno specchio in realtà: siamo noi, che osserviamo attoniti loro.

 

Isabelle Huppert, Jean-Louis Trintignant, Mathieu Kassovitz, Toby Jones, Laura Verlinden, Fantine Harduin

Happy End (2017): Isabelle Huppert, Jean-Louis Trintignant, Mathieu Kassovitz, Toby Jones, Laura Verlinden, Fantine Harduin

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