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Tu mi turbi

Regia di Roberto Benigni vedi scheda film

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La recensione su Tu mi turbi

di alan smithee
6 stelle
Benigni, anzi Benigno e Dio.
Nel suo esordio in regia, il comico toscano Roberto Benigni ci presenta un film in quattro episodi, tutti in qualche modo incentrati sulla figura del Padre eterno: di questi tre in maniera diretta, a partire dalla vicenda, intitolata "Durante Cristo" del pastore distratto invitato dalla coppia Giuseppe e Maria (Carlo Monni e Nicoletta Braschi) a fare da baby sitter al loro figlioletto Gesù, mentre loro sono invitati ad una cena. Tra il pastore ed il bambino, sarà l'inizio di un confronto delirante, in cui l'uno non farà che parlare sovrapponendo senza controllo situazioni e luoghi comuni, e l'altro non potrà fare a meno di rinunciare alle sue doti ultraterrene, in quel momento ancor poco controllabili. Nel secondo, intitolato "Angelo", il nostro Benigno ha perso l'angelo custode, e si prodiga per la città in ora notturna alla sua ricerca, scoprendo che l'angelo (Olimpia Carlisi) non ne può più di lui e vuole abbandonarlo a causa della sua scontatezza, della sua banalità di uomo. In realtà l'uomo si risveglierà da un sogno, per ritrovarsi sposato con Angela, essere piumato che egli è costretto a segregare in casa o a far partecipe di iniziative, solo in caso si tratti di feste in maschera.
Nel quarto episodio, "I due militi", due guardie del Vittoriano (l'altra è interpretata da Claudio Bigagli), a cui sarebbe imposto silenzio e immobilità, si piccano continuamente sino quasi ad arrivare alle mani, tra scherzi maldestri e ripicche, riuscendo in qualche modo a dimostrare che Dio esiste veramente.
Nel penultimo racconto, nonché uno dei più divertenti, intitolato "In banca", la presenza di Dio è indiretta e rappresentata dalla figura moderata e paziente del direttore di banca a cui Benigno accede per richiedere un prestito necessario a far sua la casa che il giorno prima avventatamente ha comprato senza tanti scrupolo. Il confronto tra i due dà vita ad una commedia degli equivoci esilarante, al punto da ritenersi, a mio avviso, l'episodio più interessante assieme al primo del pastorello distratto.
Roberto Benigni non mostra memorabili doti di regia e direzione, quanto piuttosto la verve di comico eccezionale nella costruzione delle gags, non tutte magari memorabili, ma molte delle quali indubbiamente divertenti, se non proprio esilaranti, all'interno di un film inevitabilmente ad andamento sussultorio, dalla visione del quale si esce tuttavia piuttosto appagati.
L'approccio con la tematica scottante, che proprio con Benigni ha suscitato scanpori, se non proprio scandali ed indignazioni da parte del mondo ecclesiastico anche e soprattutto sulla tv pubblica (col "Woytilaccio" e quant'altro), qui avviene all'insegna del garbo e di una comicità che non appare mai irriverente, ma semplicemente gustosa, fanciullesca, degna del personaggio confusionario e caotico, approfittatore incallito, ma anche fondamentalmente buono, che da sempre delinea la figura umana portata avanti con grande successo dal comico.
Musiche del grande Paolo Conte. 
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