Inizia con slancio, mostrando una comunità di donne (tenute insieme forse da un taciuto legame sessuale) che sono guerriere ma anche custodi, e quindi madri. Poi verso la conclusione si trasforma in qualcosa di simile ad Allied di Zemeckis, con due spie che si muovono in incognito in un gala elegante ed esclusivo, nelle sale di un castello che pare quello di Wolfenstein. E ancora come Allied stravolge la storia (quella reale della seconda guerra mondiale) e la rende adeguata alla sua narrazione cinematografica.
Il resto è però una accozzaglia di situazioni e personaggi mono dimensionali, in cui emerge (come una vera dea, è il caso di dirlo) la meravigliosa Gal Gadot. Dopo la visione è impossibile immaginare una attrice diversa da lei per il ruolo. Ma Wonder Woman è un lungometraggio supereroistico che riesce meglio quando la supereroina non fa la supereroina, e nei momenti in cui insegue la commedia penso: come sarebbe stato bello se il progetto fosse arrivato davvero nelle mani di Paul Feig.
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