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Un cuore in inverno

Regia di Claude Sautet vedi scheda film

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La recensione su Un cuore in inverno

di Peppe Comune
8 stelle

Stèphane (Daniel Auteuil) e Maxime (André Dussolier)  sono due amici di vecchia data. Hanno studiato insieme al conservatorio e poi sono diventati soci in un negozio di violini : il primo, liutao di gran talento, li crea e li aggiusta, il secondo gestisce il negozio e cura i rapporti con la clientela. Un giorno Maxime confida all'amico di essersi innamorato di Camille (Emmanuelle Béart), una bellissima e talentuosa violinista. A questo punto qualcosa di non precisamente spiegabile con la sola evidenza lineare dei fatti accade e il film compie una peregrina incursione nelle pieghe più profonde dell'animo umano, nel turbinio esistenziale di persone evidentemente soggiogate "dall'irrealtà" della speculazione musicale, uno spazio che, nel mentre li eleva spiritualmente, rischia di procurargli difficoltà nei rapporti con la vita reale. Lo fa con grazia e senza pedanteria, con una tale eleganza formale nel tratteggiare i caratteri dei protagonisti e una tale capacità di mantenersi in perfetto equilibrio tra le esigenze cinematografiche e quelle più propriamente letterarie (alla Rohmer per intenderci), che a ragione "Un cuore d'inverno" (ispirato ad una novella di Michail J. Lermontov) di Claude Sautet viene considerato uno dei film più belli ed importanti degli anni novanta.

La matrice principale del film sta nello stretto connubio tra immagine e musica (un Ravel impetuoso) che ricalca, tanto l'attenzione verso i più piccoli particolari (la limpidezza del suono e la perfettibilità di una partitura con l'impercettibile enigmaticità di occhi che si incrociano), quanto la propensione ad oscillare tra la difficoltà a rapportarsi con le cose ordinarie e l'amore totalizzante per la musica. E' un triangolo amoroso assai impuro quello inscenato da Sautet, dove uno solo, Maxime, dimostra con chiarezza e linearità i propri sentimenti, mentre gli altri due danno luogo a un rapporto enigmatico fatto di sguardi e sottotesti tutti da decifrare, di autentico trasporto emotivo ed  aspettative destinate a rimanere inevase. Stèphane lascia intendere più delle sue reali intenzioni probabilmente e Camille è disposta a concedersi più di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi. Entrambi dimostrano una scarsa capacità a capirsi veramente, evidentemente perchè ognuno vede nell'altro quel qualcosa capace di ancorarlo di più alla realtà, la concretizzazione di un tabù da poter finalmente sconfiggere. Sicuramente Stèphane è un pò "geloso" di Maxime ("un uomo in stato di grazia" dice), del suo raggiunto equilibrio tra l'ordinarietà dei fatti degli uomini e la straordinarietà delle cose della musica, e l'approccio con la sua Camille assume quasi le fattezze di un gioco, o più precisamente, quelle di una prova per imparare a conoscere i limiti della sua innata ritrosia, per esorcizzare la paura di scoprirsi del tutto incapace di provare sentimenti che non siano quelli veicolati dal suo amore per la musica. E sembra portare frutti questa strana cura, come dimostrano il coraggio di fare definitivamente chiarezza con Camille e il gesto di fraterno amore che compie per aiutare il suo vecchio maestro. Il finale ci restituisce uno Stèphane più pacificato con se stesso, più disposto a concedersi agli altri e meno problematico. Grande film che alla maniera di Eric Rohmer problematizza con raffinata precisione letteraria gli imprescrutabili percorsi dei sentimenti umani, lasciando aperta più di qualche ipotesi sulla natura dello "strano" rapporto tra Stèphane e Camille, tante quanti sono i misteri che l'amore che scalda i cuori può porre in essere. Grandi gli attori, con Emmanuelle Bèart e Andrè Dussollier davvero superlativi. Menzione speciale per Daniel Auteuil, il corpo e l'anima di un enigma chiamato uomo.

 

 

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