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Un cuore in inverno

Regia di Claude Sautet vedi scheda film

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La recensione su Un cuore in inverno

di franci76
8 stelle

La straordinaria capacità di alcuni eletti che hanno il proprio cuore in inverno è quella di invogliare spesso il soccorso di quelle persone che il proprio cuore invece lo ascoltano e lo capiscono.
E’ un’infida alchimia perché i primi appaiono come esseri dotati di un’emotività profonda, incomprensibile, impervia, tortuosa, tanto più schiva quanto più attraente e stimolante la curiosità di chi questa emotività vorrebbe, se apparentemente concesso, quasi ordinarla, incanalarla, prendersene in carico la cura.
Il problema, che pur starebbe nel primo campione umano sopra descritto, in quanto, in realtà, essere compiacentemente spento, opaco, privo del calore vivido del sentimento, vuoi perché esecrato come ricordo di un’atroce sofferenza passata, vuoi perché mai imparato e quindi coltivato, avvilisce invece quel prototipo di persona che travisa tutto questo per doloroso sentire, fragile emotività, per riluttante bisogno d’amore e ne rimane pertanto irrimediabilmente ammaliato.
La verità è che spesso, chi ha il cuore in inverno, non si domanda donde derivi la propria negazione al sentimento, non sonda i meandri della propria anima, forse perché ne ha paura, forse perché non ne è semplicemente capace o magari perché è mediocremente disinteressato a farlo.
Chi ha la fortuna di imbattersi in questo raro -mi auguro- esemplare d’essere umano, sentendosene completamente catturato, adsorbito ed infine innamorato (epilogo quanto mai prevedibile), rimanendone ineluttabilmente ferito, umiliato, destabilizzato, corre il rischio di voler emulare quello stato dell’anima del proprio “carnefice” per eludere sofferenze presenti e future. Ma sarebbe un vero peccato permettere questo pericoloso effetto domino!
Camille è stata coerente con i propri sentimenti fino allo svilimento della propria natura, contingenza dalla quale scaturisce una reazione opposta e contraria, composta, seppur atroce di prenderne le distanze. Forse il suo errore è stato tornare con un uomo che non le ha mai provocato tanto sconvolgimento passionale, rivelandosi debole e già instradata verso una malsana malinconia.
Uniforme, costante, ammirevole, ma anche opinabile, il comportamento di Maxime, che ha dimostrato un gran temperamento, un equilibrio interiore assoluto, giocando un ruolo difficilissimo nelle dinamiche sentimentali delle due persone a lui più care: constatare il duplice tradimento, farsi da parte con estrema e matura dignità, la stessa che lo caratterizza nell’accettare il ritorno della donna amata.
Auteuil fantastico. Ha sempre reso perfettamente l’immagine dell’uomo pregno di quella problematica esistenziale che lo rende inadeguato alle profonde relazioni interpersonali, un’espressione apparentemente enigmatica, la testa sempre lievemente reclinata su una spalla, gli occhi neri quasi disadorni di ciglia sembrano ingoiarti nel loro abisso interiore e si contrappongono all’intensità dello sguardo di lei, umido, languoroso, azzurro su un volto luminoso, fresco, bello.
Non ho molta voglia di leggere nella fine del film un moto di ripensamento minimamente percettibile in Stephane, magari per la tardiva presa di coscienza d’aver perso l’occasione di provare ad aprire il proprio cuore ad una donna come Camille. Credo, anzi, questo incontro sia stato per lui un’ulteriore conferma della propria aridità e forse quello che vedo nel suo sguardo è proprio e solo, ancora una volta, pigra rassegnazione.
Non è stato un caso che abbia visto questo film a distanza di 10 giorni dal fallimento della prima registrazione su sky, l’attesa nel vederlo si è arricchita di ulteriori riflessioni e chiarimenti.
Ringrazio Emidio per avermelo consigliato sulla scia del mio disappunto per L’ultima missione!

Sulla colonna sonora

straordinaria

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