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L'inganno

Regia di Sofia Coppola vedi scheda film

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AlbertoBellini

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La recensione su L'inganno

di AlbertoBellini
9 stelle

locandina

L'inganno (2017): locandina

 

"Sofia Coppola è tornata". Tra svariati commenti entusiastici di chi ha partecipato alla scorsa edizione del Festival di Cannes e chi si sta recando in sala in questi giorni, queste parole le ho lette più e più volte, ripetute magari in maniera diversa, ma con il medesimo concetto alla base. La verità è che Sofia Coppola non è tornata, poiché non se n'è mai andata. C'è sempre stata, sin dal folgorante esordio di Virgin Suicides, e non ha mai cessato di offrirci il suo personale, prezioso cinema, nel quale non smetto di ritrovare me stesso ogniqualvolta mi ci addentro. Chi mi conosce di persona, o anche chi mi segue un minimo qui in rete, sa che nessun'altro cineasta - eccetto Woody, chiaramente - mi è vicino tanto quanto Sofia Coppola. Una vicinanza riscontrabile non solo nell'approccio al cinema e alla musica, ma anche nella quotidianità. Come con tutti i miei registi più amati e maestri di vita, entrare in sala, sedermi sulla poltroncina e assistere al nuovo film di Sofia Coppola è divenuto un rito esistenziale, o, come scrisse Natalio Grueso in Woody Allen, l'ultimo genio, "una di quelle tradizioni che rendono la vita più piacevole". Ogni inquadratura, ogni movimento di macchina è un abbraccio che ci scambiamo, e che, visione dopo visione, aumenta d'intensità. Lost in TranslationsMarie AntoinetteThe Bling Ring, il già citato Virgin Suicides e, il più importante, Somewhere, ognuno a modo proprio, mi hanno plasmato in quanto spettatore e persona. Di fatto, come ogni profondo amore, non può essere descritto; al massimo, può essere trasmesso, comunicato. Tutto questo preambolo, probabilmente inutile e sconclusionato, ha in realtà un obiettivo: mettere in guardia chi si aspetta da questo scritto tecnicismi vari e un approccio 'oggettivo’ alla materia (o semplicemente avvisare coloro che non hanno seguito il mio percorso nella filmografia). In parole povere, è sottinteso che da qui in avanti sarà tutto un SECONDO ME.

 

Come scrissi su The Bling Ring, mi piace pensare al cinema di Sofia Coppola come ad una gabbia, all'interno della quale vivono i personaggi delle sue opere, ognuno confinato nel suo infinito, minuscolo mondo. Questi mondi, all'occhio umano, non presentano alcuna anomalia; tuttavia, se osservati con una lente d'ingrandimento, risulterebbe chiaro quanto questi, in realtà, siano deserti, completamente vuoti. La vuotezza è sempre stato un elemento predominante, tanto da sigillare in profondità o addirittura cancellare qualsiasi cosa si trovi in superficie, ovvero la parte che può essere osservata da chiunque. È necessario scavare e osservare con attenzione per comprendere e scovare il cuore pulsante di tutte le sue opere. Per questo, quando si vuol stroncare Sofia Coppola, si tende ad usufruire di questa vuotezza onnipresente nel suo cinema. Quel che ai più evidentemente non è ancora chiaro, è che la perizia e la peculiarità della regista sono ricercabili proprio in questo. Ella si serve della vuotezza a proprio vantaggio, amalgamandola al suo sguardo e trasformandola in ciò che vediamo nei suoi film. Il cinema di Sofia Coppola è vuoto, perché vuoti sono i caratteri inscenati, gelidi, impassibili, condannati ad un'esistenza vacua. Non è un caso che i protagonisti siano quasi sempre adolescenti, individui non ancora maturati, sconosciuti al mondo e alla vita, ancorati ai loro microcosmi e impossibilitati a fuggire, chi per paure altrui, chi per scelta propria. Il Johnny Marco di Somewhere è difatti il simbolo di questo cinema, il quale riporta la vuotezza non come ad una punizione che è costretto a scontare un singolo individuo, ma l'intero genere umano.

 

Elle Fanning

L'inganno (2017): Elle Fanning

 

Dopo un trittico straordinario, una trilogia spirituale andata a ribadire il concetto di vuoto esistenziale dell'agiatezza e delle superstar, Sofia Coppola ha compiuto un rilevante passo in avanti. Come una fenice è bruciata nelle fiamme luccicanti del Bling Ring e poi rinata dalle proprie ceneri, con lo stesso aspetto, ma in qualche modo cambiata. Messa da parte la rivista di Vanity Fair, è tornata a narrare attraverso un soggetto non personale, il romanzo A Painted Devil (1966) di Thomas P. Cullinan, già portato sul grande schermo da Don Siegel nel 1971 con il titolo di The Beguiled (in Italia, La notte brava del soldato Jonathan). The Beguiled si svolge in piena guerra di secessione americana, all'interno di un collegio feminile diretto da Miss Martha. Esse vivono lontano dal conflitto in un'apparente pace, sino a quando una delle studentesse ritrova in un bosco vicino un soldato ferito di nome John McBurney. Trasportato al collegio, il soldato viene ricoverato dal gruppo di sole donne che gli offrono cure e rifugio. Presto si instaureranno rapporti e tensioni fra il caporale McBurney nordista e il collegio sudista; le donne, col passare del tempo, ne risentiranno della presenza maschile, tanto da scatenare fra esse egoismi e rivalità.

 

Leviamoci subito un grosso, assai fastidioso, sassolino dalla scarpa: il film di Sofia Coppola non è un remake. Ancor prima che le riprese iniziarono, il progetto venne assillato di critiche e rimproveri, secondo cui la versione di Siegel con protagonista Clint Eastwood fosse intoccabile. Certo, La notte brava del soldato Jonathan era, e rimane tutt'oggi, una pietra miliare del cinema. Tuttavia, in casi come questo si dovrebbe andare oltre, quantomeno cercare di tenere da parte le idee sui gioielli del passato, e capire che questo The Beguiled è in tutto e per tutto un film di Sofia Coppola, ben al di là del becero concetto di 'rifacimento'. Si tratta piuttosto di un ritorno al passato per la regista. Come avveniva nel suo primo lungometraggio, oltre alll'ispirazione letteraria, il tutto è racchiuso all'interno di un microcosmo, ove un gruppo di donne sono protagoniste. Chi ha definito The Beguiled una versione alternativa del suo esordio, un "giardino delle vergini omicide", effettivamente non aveva tutti i torti. Nonostante ciò, credo sia più oppurtuno parlare di The Beguiled come una piccola, grande summa estetica del cinema di Sofia Coppola. Ci si trova di tutto al suo interno, dall'amore (non) corrisposto di Lost in Translations ai caratteri bidimensionalmente complessi di The Bling Ring, senza omettere, naturalmente, il vuoto esistenziale generato in un microcosmo citato poc'anzi. Ogni personaggio inscenato presenta due facce. Queste sono costantemente accavallate, senza che l'una prevalga sull'altra; è assente "l'innocenza" che contraddistingueva le sorelle Lisbon o la Charlotte di Scarlett Johansson. Le donne, di varie fasce d'età, che non si confrontavano con un uomo da lungo tempo, reagiscono in maniera differente alle pulsioni che sfocieranno nell'erotismo: Miss Martha (Nicole Kidman), che tenta di reprimersi con le divergenze politiche tra nordisti e sudisti, la giovane e provocante Alicia (Elle Fanning), la cui carica erotica sembra esplodere costantemente, e Edwina Morrow (Kirsten Dunst), che si pone nel mezzo, fra rigidità e completa libertà. Quest'ultima non può che riportare alla mente l'iconica Lux Lisbon, anch'essa bloccata da un mondo a cui riconosce di non appartenere, inibita dalle insicurezze che le fanno dubitare della propria femminilità, elemento predominante nell'universo di The Beguiled. In un certo senso, persino l'unico maschio, il caporale McBurney (Colin Farrell), dallo sguardo femmineo, è portatore di femminilità. Il suo punto di vista non varia, ma anzi si rivela essere l'altra faccia della stessa medaglia. Sono tutti fermi nello stesso punto. Nemmeno qui ci si riesce a scansare ed evitare le grinfie della solitudine, e si resta così in bilico, nella speranza che qualcuno, o qualcosa, ci salvi; come sempre è stato nella filmografia di Sofia.

 

Colin Farrell, Kirsten Dunst

L'inganno (2017): Colin Farrell, Kirsten Dunst

 

Quel suo cinema affettuoso, lento e leggiadro, dall'estetica pittoresca, dirompente come nemmeno fu in Marie Antoinette, rende le immagini epiche, anche e sopratutto grazie allo straordinario lavoro del direttore della fotografia, Philippe Le Sourd; la macchina da presa diviene un pennello, lo schermo una tela, e ogni inquadratura un quadro ottocentesco - il premio per Miglior Regia a Cannes è il minimo che potesse ottenere. The Beguiled è senz'altro il film con cui la vena stilistica di Sofia Coppola raggiunge il culmine (sebbene io personalmente resti affezionato, dal punto di vista puramente estetico al super colorato Marie Antoinette). La tecnica oramai è indiscutibile: il racconto di Cullinan viene inscenato con una tale compostezza (e maestria) da lasciare allibito lo spettatore. È palese come Sofia si sia spogliata quasi completamente di quelle vesti da timida teenager che da sempre si portava addietro. Ora è maturata. The Beguiled è di fatto un film di maturazione. Maturazione che ha portato Sofia al quasi inutilizzo delle musiche, riducendo l'ampia scelta di brani pop/rock ad una manciata di sinfonie basate sul Magnificat di Claudio Monteverdi, composte dai Phoenix, band capitanata dall'attuale marito della regista, Thomas Mars.

Il finale, oltre i confini del sublime, sancisce definitivamente il pensiero di Sofia in merito al soggetto e, verosimilmente, alla storia: una singola inquadratura e un lentissimo movimento di macchina pongono fine all'esistenza del caporale e alla libertà delle donne, prigioniere nella loro fortezza di falsa vitalità. Come le sorelle vergini, Bob e Charlotte, Maria Antonietta, Johnny Marco e la banda del Bling Ring, sono ora recluse nel loro personale mondo, vittime ancora una volta di un consorzio umano che le ha plasmate a proprio piacimento, oggettificandole e circoscrivendole in un limbo. I cancelli si sono chiusi, definitivamente, e non c'è via di scampo. Non ci sono vincitori, né vinti. Solo il silenzio, interrotto da spari e boati di guerra.

Questa è anche l'ennesima riconferma di come La notte brava del soldato Jonathan non abbia condizionato la lavorazione di The Beguiled. La stessa Sofia ha affermato in diverse interviste di aver letto il romanzo di Thomas P. Cullinan, ma di non aver mai più rivisto il film di Siegel, durante la produzione; e il risultato si vede eccome. Alla fin fine, i paragoni con "l'originale" di Siegel non possono che risultare oltremodo inutili ed infantili, validi giusto ai soliti detrattori per accrescere l'ira nei confronti di un film straordinario e di una altrettanto straordinaria regista.

Forse, un giorno, il mondo comprenderà quanto di eterna bellezza sia pregno questo cinema, si accorgerà che Somewhere è una delle opere più belle mai pensate e realizzate in centoventicinque e oltre anni di cinema, e che Sofia Coppola è sempre stata (e sempre sarà) una delle più grandi autrici della settima arte. Ancora una volta, non posso far altro che chinare il capo e ringraziare.

 

Addison Riecke, Kirsten Dunst, Nicole Kidman, Elle Fanning, Oona Laurence, Angourie Rice, Emma Howard

L'inganno (2017): Addison Riecke, Kirsten Dunst, Nicole Kidman, Elle Fanning, Oona Laurence, Angourie Rice, Emma Howard

Nicole Kidman, Sofia Coppola, Kirsten Dunst, Oona Laurence, Addison Riecke, Angourie Rice, Elle Fanning, Emma Howard

L'inganno (2017): Nicole Kidman, Sofia Coppola, Kirsten Dunst, Oona Laurence, Addison Riecke, Angourie Rice, Elle Fanning, Emma Howard

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