La recensione su Dunkirk

Grande attesa per l'uscita di questo war movie presentato e acclamato dalla critica come un nuovo capolavoro del cinema di guerra. Lo scrive e lo dirige uno dei registi più quotati di Hollywood, quel Christopher Nolan capace di confezionare sceneggiature di alto spessore come Batman il Cavaliere Oscuro ol'enigmatico Inception. Lecito allora attendersi un film di cartello e invece niente di tutto questo, specie se, a esempio, lo si confronta con l'ultimo La Battaglia di Hacksaw Ridge di Gibson (Nolan regala un gustoso omaggio mettendo un intruso su una scialuppa piena di soldati inglesi che non parla la lingua, perché è un francese che ha preso la divisa e la targhetta da tale Gibson). Con Dunkirk si mira a quell'essenziale funzionale a sorreggere un ritmo vorticoso e una forte dose di azione pura. Nolan confeziona uno script asciutto, senza fronzoli e senza protagonisti veri. Il vero protagonista è il collettivo inglese, non qualcuno di definito (Cillian Murphy fa quasi un cammeo). Ne deriva un plot sullo stile documentaristico, ma con telecamere piazzate ovunque, tutto incentrato sul salvataggio dell'esercito inglese confinato sulla spiaggia francese, in attesa delle navi amiche, sotto il continuo bombardamento dell'aviazione tedesca. 

Azione martellante e arrembante, con pochi attimi di tregua, seppur edulcorata nei toni e nella crudeltà. Manca quella profondità che fa avvicinare lo spettatore agli attori. Non che lo script sia superficiale, ma possiamo tranquillamente definirlo non approfondito oltre il minimo sindacale, oltre i meri fatti delle cronache dell'epoca. Le caratterizzazioni dei vari personaggi sono appena accennate, tanto che i soldati sono accessori alla storia come fantocci utili a inscenare il grande salvataggio reso possibile dal patriottismo civile inglese. Non ci sono storie nella storia o contenuti di fondo aggiuntivi a quanto già la storia ci abbia insegnato.

Il nemico non è trattato. E' una minaccia continua e assidua eppure, a parte qualche aereo, non si vede mai. Nolan prova allora a rendere accattivante il tutto optando per un montaggio non lineare. Propone infatti la storia da tre punti di vista che seguono piani temporali diversi e che vanno poi a intrecciarsi mostrando più volte una medesima scena ma da prospettive diverse. Nolan non è nuovo a queste cose, si pensi allo sperimentale Memento montato al contrario. Si tratta di una soluzione non strettamente necessaria ai fini del racconto, ma che è stata probabilmente adottata per sopperire a una sceneggiatura essenziale e fin troppo asciutta. A mio avviso, sarebbe stato utile protrarre il film di almeno una quarantina di minuti in modo da intessere relazioni e sotto trame utili a dare un background umano alla vicenda. Tra l'altro, in chiaro stile hollywoodiano, sono stati del tutto omesse le problematiche che insorsero tra soldati francesi e soldati inglesi, quando diventò a tutti chiaro che l'Inghilterra avrebbe tagliato la corda.

In concluisione sono lodevoli la bella confezione, le scene di battaglia (soprattutto aeree) e le discrete punte claustrofobiche che toccano il loro vertice nel montaggio alternato e parallelo tra i soldati imprigionati all'interno di barche che vanno a fondo e il pilota di uno Spitfire a cui non si apre la cabina di pilotaggio e che è stato abbattuto in pieno oceano. Un film, sicuramente, da andare a vedere al cinema, in quanto visto da casa perde notevoli punti e anche una bella fetta di motivo di interesse. Azione a rotta di collo quindi, ma scarso contenuto di fondo. Dato il nome del regista e dello sceneggiatore direi che è stato più un bell'esercizio di stile che un capolavoro. Mel Gibson batte Christopher Nolan con un perentorio tre a zero.