Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
Un noir maledetto, sacrilego nei confronti degli antenati puliti ed eleganti, che subisce una fortissima influenza scorsesiana. Se possibile, il tenente Keitel (in una intepretazione da brividi) e il suo mondo sono ancora più sudici e ripugnanti di quello di Travis Bickle, e la rappresentazione di Ferrara, oltre a prendersi qualche libertà onirica, eretica ed erotica in più, raggiunge livelli di spiacevolezza ancora maggiori. In realtà, pur parlando di eresie, è un film profondamente spirituale, che segue il percorso cattolico di redenzione, raggiungibile anche dal più sporco dei peccatori: un tenente corrotto e criminale, drogato e ricattatore. Il mezzo della salvazione è una candida, delicatissima suora, il cui perdono per i due ragazzotti che l'hanno violentata sconvolge il tenente e lo porta al cospetto di Cristo (in una scena straordinaria, nella quale Ferrara riesce a far ridere lo spettatore e a farlo vergognare per questo), grazie a cui il tenente scopre il significato del perdono. E una volta rimessi i propri peccati, cacciando i due violentatori fuori città nel rispetto del perdono della suora, può finalmente morire.
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