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55 giorni a Pechino

Regia di Nicholas Ray vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su 55 giorni a Pechino

di sasso67
4 stelle

Pechino, 1900. La rivolta nazionalista dei Boxer minaccia il quartiere delle legazioni, in cui hanno sede le ambasciate delle potenze straniere che hanno mire espansionistiche sulla Cina. Tra le legazioni minacciate c'è anche quella degli Stati Uniti d'America, che, caso strano, dichiarano di non avere ambizioni di alcun tipo in Cina (gli USA, appena usciti dalla guerra con la Spagna per Cuba e le Filippine, sono ancora legati alla dottrina Monroe: "l'America agli Americani"). La situazione si fa pesante quando i nazionalisti ricevono l'appoggio dell'imperatrice, mal consigliata da un infido principe con funzioni di ministro degli esteri. Quando gli ambasciatori stranieri, su iniziativa del rappresentante britannico, si rifiutano di lasciare Pechino, la sovrana cinese mette in campo l'esercito imperiale per spazzare via le legazioni estere. La piccola guarnigione formata da circa 400 soldati delle diverse nazionalità (Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Austria, Russia e Giappone, oltre agli USA) dovrà resistere, asserragliata in quel quartiere della capitale, fino all'arrivo di un contingente di truppe internazionali alla guida di un ammiraglio inglese.

Kolossal hollywoodiano che cerca di rinverdire, a trent'anni di distanza, i fasti di Via col vento, 55 giorni a Pechino si risolve in un quasi completo fallimento. Per la riuscita di una rievocazione storica, è troppo invadente la storia sentimentale tra il maggiore americano (Charlton Heston) e la nobildonna russa (una Ava Gardner un po' sciupata rispetto ai tempi d'oro) dal passato non irreprensibile e in vena di redenzione. Troppo assente, invece, la regia di Nicholas Ray, che forse non era il regista più adatto ad una operazione come questa, ma che, oltre tutto, fu colpito da infarto nei primi mesi di riprese. La direzione del film restò quindi nelle mani di un gruppetto di assistenti che erano poco più che buoni operatori.

Manca, in sostanza, il David Lean (o il Victor Fleming, per restare all'esempio sopra ricordato) della situazione e gli unici motivi di attrattiva sono dati dal riconoscere gli interpreti del cast internazionale che ricoprono i ruoli dei vari personaggi stranieri: per l'Italia partecipa Massimo Serato, mentre il comandante francese è Philippe Leroy.

Alla fine, niente paura, si sa come finisce la storia ed arrivano i nostri: i soldati indiani del contingente britannico, i prodi nipponici, gli americani, i prussiani e un bel drappello di bersaglieri con le trombette e le piume sul cappello.

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