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Chiamami col tuo nome

Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Chiamami col tuo nome

di Leo Maltin
8 stelle

Libero ed emozionante adattamento dell’omonimo romanzo di André Aciman, firmato dal regista insieme a Walter Fasano e James Ivory.

L’opera racconta la scoperta della sessualità di Elio (sorprendente Timothée Chalamet, vera rivelazione del film), diciassettenne talentuoso musicista (suona chitarra e pianoforte), turbato nei sensi e nell’intelletto da Oliver, giovane universitario di 24 anni dalla bellezza olimpica (bravissimo Armie Hammer, ricorda Helmut Berger ne Il giardino dei Finzi-Contini), venuto a redigere la tesi di post-dottorato presso il professor Perlman, padre del protagonista, che ogni anno ospita uno studente.

Durante quelle sei settimane estive (1983) trascorse nella bassa padana, lentamente sboccia una passione trattenuta da entrambi, limitata a qualche timido approccio; dalle fuggevoli carezze passano poi a baci e toccamenti più spinti ma sempre centellinati, per timore di venire scoperti, lasciandosi finalmente andare a un rapporto intercrurale, su cui comunque la mdp non indugia (lo farà pure in altre scene a rischio hot o ridicolo involontario, soprattutto quella con la pesca). I due vivono anche con naturalezza una breve esperienza eterosessuale (Elio in maniera completa), quasi a voler “normalizzare” un sentimento vissuto colpevolmente: a fatica il kouros apollineo e l’eròmenos si rassicurano l’un l’altro, mantenendo comunque segreto ciò che li unisce, ormai chiaro persino ai discreti genitori di Elio e alle sue amiche (Marzia e Chiara).

Tra cenni alla politica dell’epoca (il pentapartito di Craxi), rievocata anche dalle hits di allora (F.R. David – Words, Franco Battiato – Radio Varsavia), lo speciale legame di questi amanti nascosti viene valorizzato da una sceneggiatura traboccante di raffinate allusioni figurative (l’omoerotismo della ceramica greca, tuttavia affievolito), letterarie (snellite reminiscenze dagli epigrammi del libro XII dell’Antologia Palatina, dedicato all’amore pederotico; tracce della produzione di Thomas Mann, compresi i Diari) e cinematografiche (Luchino Visconti, Bernardo Bertolucci – in particolare Io e te), smarcandosi nel contempo da uno stucchevole calligrafismo (si sente la mano di Ivory nella scrittura) in favore dello scavo psicologico dei personaggi.

Commovente il discorso del padre a Elio, che per intensità fa pensare alle Memorie di Adriano, dove l’anziano e malato imperatore racconta al giovane amico Marco Aurelio – 17 anni (proprio come il ragazzo del film) – della sua vita pubblica (successi) e privata (amore per la filosofia, passione verso il grazioso giovinetto Antinoo).

Uno struggente incontro d’anime, sancito dall’ecolalia dei loro nomi propri – a questo si riferisce il titolo – e rinnovato nella telefonata conclusiva, da apprezzare meglio nella visione in lingua originale (inglese, francese, tedesco, ebraico) con sottotitoli in italiano (presente, anche come dialetto cremasco).

Guadagnino chiude la sua “trilogia del desiderio” con un long take letteralmente da lacrime agli occhi (e dietro le spalle la vita che scorre sfocata in secondo piano), finale ripreso dal film di Tsai Ming-liang Vive l’Amour

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