Regia di Sergio Leone vedi scheda film
Il film, l’ultimo di Sergio Leone e che l’autore stesso definisce “c’era una volta il mio cinema”, ha un’incubazione di 13 anni, subito dopo aver girato “Giù la testa”. La scenografia, inizialmente incerta sul soggetto e sulla trama, prende spinta dalla lettura di “The Hoods” di Harry Grey, pseudonimo di un autentico gangstar di origine ebrea, che in questo libro scrive in pratica la sua autobiografia. Sulla base di questa lettura Leone è stimolato a compiere un’opera epica, come omaggio al cinema che ama, creando personaggi indimenticabili ed identificando un ambiente ed un’epoca tipici dell’america dal ’22 (anno di inizio del racconto) descrivendo le scorribande delle bande di ragazzini ebrei nel ghetto di Brooklyn e della loro amicizia in un ambiente di grande degrado, degli anni ’30 epoca del proibizionismo e della espansione economica e criminale dei 4 amici (un quinto, Dominic, viene ucciso all’inizio), e del ’68, anno in cui Noodles, dopo essere scappato, ritorna a Brooklyn. In questa sua opera colossale, che, anche se è lunga, offre uno spaccato della vita criminale e dell’ambiente americano unica, lucida e scorrevole, nonostante il ricorso al flashback, movimentata, cruda, violenta, credibile. Il regista non nasconde la sua simpatia per i personaggi che ha creato e ne rappresenta senza veli crudeltà, debolezze, successi, senso dell’amicizia e anche un aspetto romantico (nell’amore rozzo ma intenso tra Noodles e Deborah).Il cast, al completo, è favoloso, con una recitazione fluida ed incredibilmente realistica: ricordiamo che tutta la parte del film che riguarda le bande giovanili è eseguita da ragazzi, attori improvvisati. Tuttavia non mancano buchi di sceneggiatura (forse giustificati da tagli imposti dalla produzione) ed alcuni bloopers (es. la visione di un tramonto sul mare… a Miami). Inoltre si ha la sensazione che Leone si faccia un po’ prendere la mano, riscontrabile nel prolungamento di alcune scene. L’uso di un metodo di ripresa diverso da quello usato in precedenti opere impedisce di avere quei famosi primi piani per i quali era giustamente apprezzato. Comunque l’ambientazione e la fotografia sono da manuale per perfezione tecnica e per impatto visivo. Il film presenta anche un certo simbolismo, specie nella parte finale quando Noodles, nella fumeria d’oppio, sorride beato (punto su cui pubblico e critici sono divisi sul vero significato). Ed infine la colonna sonora di Morricone, una delle più belle della storia della cinematografia mondiale, efficace, sensibile, di sostegno, incastonata da canzoni prestigiose quali Yesterday, La gazza ladra, God bless America, Summertime, Night and day e soprattutto Amapola di LaCalle che accompagna tutti gli incontri di Noodles con Deborah. Film capace di tenerti incollato allo schermo dal principio alla fine, da vedere e rivedere, con i suoi eccezionali pregi e con i suoi inevitabili difetti. Voto 8,5
Invece di riassumerla consiglio di vedere il film
La più bella colonna sonora scritta per un film: Morricone con le sue straordinarie note compie un miracolo
Me lo tengo così com'è venuto con tanti pregi e scarsi difetti
Un maestro straordinario talmente incantato della trama, dell'ambiente e soprattutto dei personaggi da chiamare ad es. sul set De Niro col nome di Noodles
Una recitazione sia come giovane sia come vecchio strepitosa, coerente, naturale, spontanea.
Perfetto, una delle sue migliori interpretazioni nei panni di Max, delinquente ambizioso, con segni evidenti di paranoia
Una Deborah vivida e vitale, affascinante. Forse incapace d'invecchiare
Una eccezionale Carol
Jimmy, il sindacalista che ricorda Hoffa, ha una parte breve ma intensa e piena
In una breve prestazione rappresenta con efficacia Frankie Monaldi, il legame con la mafia. In origine avrebbe dovuto esse Max, ma il regista non lo trovò adatto per quel ruolo
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