Regia di Alex Garland vedi scheda film
Se in ex-machina il regista aveva l’intento di evidenziare quanto l’uomo attuale sia più assimilabile a un robot in quanto non più capace di pensare ma soltanto di ragionare e calcolare, in questa seconda opera si assiste nuovamente a una squalifica dell’identità personale, a causa di una luce aliena che è in grado di rinfrangere i codici genetici, di mutare le specie, intrecciarle e duplicarle. Non si sa da dove provenga, non si sa quali siano le sue intenzioni, e forse non ha neanche un senso distruttivo o costruttivo. Sotto questo profilo il titolo è azzeccato, perché questa Luce-non-luce è l’immagine stessa del nichilismo.
Certo il film non è all’altezza del primo, perché a tutti i costi si vuole intrattenere lo spettatore con effetti speciali non sempre a mio avviso oculati. Ma l’ultima parte del film secondo me è una vera sorpresa, perché attesta come anche nella disidentificazione nichilista sia possibile una rinascita di un nuovo umanesimo (forse). E anche questo forse è interessante perché la coerenza non demorde in senso positivo fino alla fine.
Al netto di alcune falle (cinque donne scienziate senza più nulla da perdere vanno nella terra infetta dalla luce ma prive di dispositivi protettivi…, tanto per fare un esempio) l’avventura in questa terra fa emergere angosce, paure e sensi persecutori nel gruppo di queste donne, che devono fare i conti con i propri fantasmi.
Solo una ne uscirà viva, ma non sarà più se stessa, perché appunto si è confrontata con il Nulla. Se poi vogliamo allargare l’opera a cifra simbolica del nostro mondo, per me si può anche fare, perché certamente è nelle corde del regista, anche se tale possibilità era più fattibile in Ex machina. Ma anche questo film, malgrado un po’ più sopra le righe, non è da sottovalutare, ha comunque qualcosa da dirci. Voto 7.
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