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Infelici e contenti

Regia di Neri Parenti vedi scheda film

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La recensione su Infelici e contenti

di scapigliato
8 stelle

Uno dei film più simpatici degli anni ’90. Siamo in un’epoca in cu la gloriosa commedia degli anni ’70-’80 sta virando clamorosamente verso il baratro della puerilità. Oggi li chiameremmo cinepanettoni, usanza tragica che si giustifica come un appuntamento tradizionale che l’Italia non aveva (come se a sto paese mancassero le tradizioni! Ma se facciamo fatica a debellare quelle che già ci sono!). Se invece di pensare al prodotto, si pensasse all’idea, forse torneremmo gloriosi sul serio. Gli anni ’90 hanno visto un progressivo instupidimento del linguaggio comico-cinematografico italiano. Sacrosanta, va detto, l’infantile simpatia di lazzi, scoreggie, tette e culi perchè è con queste armi “popolaresche” che l’uomo comune può attaccare i vari poteri. Ma c’è modo e modo per farlo. Insomma: c’è farsa e farsa. Con un buon passato Neri Parenti s’avvia nei ’90 ad essere il portabandiera di questo inaridimento qualitativo. Già nel ’92 non siamo in acque felici. Infatti il film si chiama “Infelici e Contenti” quasi a giustificare inconsciamente che si fa quel che si può, tanto incassare s’incassa, e siamo contenti così. Senza il bisogno di puntare in alto. Oggi infatti i vari “Natali di qui e di là” incassano bene. E chi li molla più!
Fortuna vuole che all’epoca c’erano Pozzetto e Greggio. Il primo non andava affatto presentato, il secondo viveva la sua popolarità maggiore grazie ai successi del “Drive In” e poi di “Striscia la Notizia”. Personaggio prettamente televisivo, anche se di gran carattere e gran presenza scenica, Greggio si muove bene in una commedia che ha più punti in contatto con un film completo che le solite altre commediole frivole. Qui si parla di due disabili che viaggiano, scopano, cantano, suonano, rubano e fanno a botte. Pensare che un disabile possa avere una sua vita indipendente ed una sua sessualità è una acquisizione molto recente, che in alcuni ambienti retrivi non è ancora arrivata. Certo, il film è fatto con la semplicità dell’Italia in vacanza: manca un vero montaggio, un vero ritmo comico, una vero sguardo cinematografico. Tutto il meglio del film è lasciato in mano ai due comici milanesi, forse nella perpetua speranza di trovare la nuova coppia comica di cui uno dei due termini doveva essere per forza Pozzetto. Non siamo di fronte ad un’enciclopedia di battute storiche come ne “Il Ragazzo di Campagna” o “E’ Arrivato Mio Fratello”, mitica e inseguagliata doppietta pozzettiana dell’85, di sicuro il buon Renato fa la sua porca figura, come “dietro lo sportello”, direbbe lui. Il film, con uno spot buonista che stucca solo per la sua messa in scena più che per il contenuto, ovvero la paternale di Greggio alla Suma, è per il resto una cadenza televisiva mediocre che fa rimpiangere i precedenti film a sketches degli ’80, ed è costellato però da invenzioni cabarettistiche degne dei due mattatori. La battuta più bella? “Com’è il Duomo?”, “E ha le porte, le finestre...”, “Ah, me lo immaginavo diverso”, “No, quello è il Castello Sforzesco”.

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