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Il corvo

Regia di Henri-Georges Clouzot vedi scheda film

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La recensione su Il corvo

di Peppe Comune
8 stelle

Nella piccola cittadina francese di Sain-Robin la vita sembra csorrere tranquilla come sempre. Almeno fino a quando non viene letteralmente invasa da delle lettere minatorie scritte da un anonimo che si firma come il Corvo. Queste lettere sono spedite a molte delle persone più in vista della città, facendo accuse dettagliate sulla loro condotta morale. Il primo e più importante bersaglio del Corvo è il dottor Rémy Germain (Pierre Fresnay), il ginecologo dell’ospedale cittadino, che dal contenuto delle lettere anonime, non solo sarebbe l’amante segreto della signora Laura Vorzet (Micheline Francey), la giovane moglie dello psichiatra Michel Vorzet (Pierre Larquey), ma praticherebbe anche aborti clandestini. Le lettere del delatore anonimo innescano un clima di sospetti che non risparmia nessuno. E intanto tutti cercano di capire chi sia questo fantomatico Corvo.

 

Pierre Fresnay

Il corvo (1943): Pierre Fresnay

    

“Il corvo” di Henri-George Clouzot è un film che taglia a fette il perbenismo borghese squarciando con sagace ironia il velo di ipocrisie dietro cui si nascondono infamanti falsità. La piccola cittadina di Saint-Robin si palesa come un vero e proprio covo di vipere, tutte pronte al primo accenno a scagliarsi contro l’un l’altra. Ma Clouzot tiene a freno questa tendenza esplosiva, lasciando che a prevalere in ognuno sia la propensione a declinare il fitto intreccio di calunnie che gli riguardano nel rafforzamento conservativo dello spirito di corpo. La cosa non avviene per effetto di una reciproca solidarietà, ma in virtù della paura che alberga in ogni singolo cittadino preso di mira del corvo di essere denudato del tutto, di essere visto per quello che realmente è. Nei luoghi deputati al pubblico chiacchiericcio si sente parlare di gravidanze interrotte con sospettosa regolarità, di suicidi indotti da progetti omicidi ben architettati, di amori traditi, di vendette armate dalla perfidia delle malelingue, di sensi di colpa che riemergono all’improvviso, di menzogne che richiedono amare confessioni. Il Corvo non fa altro che assecondare l’aria che tira donandogli tutta la spinta propulsiva che gli serve. Lui scrive tutte cose che possono essere vere e intorno alla possibilità che lo siano veramente, Clouzot mette in scena un’opera raffinata che oscilla tra il giallo con delitto potenziale e l’analisi acuta sulla natura umana.

Immerso in un’atmosfera cupa che rasenta il gotico, “Il corvo” è un congegno ad orologeria che funziona con sadica precisione. Ad ogni nuova lettera anonima del Corvo una nuova persona viene tirata in ballo con il suo carico di “malefatte”. Ad ogni nuova calunnia buttata nel calderone ormai colmo di ingiurie, crescono le malelingue disposte a dargli credito. Ma Clouzot è abile nel saper giocare con sottile sarcasmo con i caratteri suscettibili di tutti i protagonisti del film, facendo emergere in ognuno l’anima corrotta e corruttibile, quella che si preoccupa unicamente di tenere nascosti i peccati commessi e quella disposta a scendere a patti pur di commetterne di altri. Di fronte alle lettere del Corvo, ogni persona coinvolta finisce per credere solo a quello che gli fa più comodo, in modo che ognuno può autoassolversi in relazione alle colpe degli altri e in ragione della reciproca, omertosa, complicità. A ognuno di loro non importa sapere se le cose scritte dal Corvo siano vere o false, ma che la quota di verità che gli riguarda veramente rimanga ben nascosta nel clima calunnioso generato dal delatore seriale. Tutti si chiedono chi sia il Corvo e quali scopi intenda perseguire, tutti sospettano di tutti perché ognuno ha qualcosa da nascondere e dei rancori da voler mettere in pubblica piazza. La stima reciproca ci mette poco tempo a scomparire, ciò che rimane è una parvenza di ostentata rispettabilità sociale, quanto basta per preservare l’integrità dell’impalcatura sociale. Henri-George Clouzot corrompe dalle fondamenta questa impalcatura, assumendo come punto di vista fondamentale quello adottato da questo anonimo agitatore sociale e facendo in modo che lo spettatore venga portato a farsi le stesse domande dei protagonisti del film : Chi è il Corvo ? Quali obiettivi intende raggiungere con le sue lettere minatorie ? È un frustrato pieno di rancore per il mondo che sta attuando un vendicativo disegno sociale o uno che ha voluto inscenare un gioco diabolico semplicemente per vedere l’effetto che fa ?  

Il film vive di queste domande sottintese, distillando cattiveria ad ogni inquadratura. Non c’è mai un momento in cui i personaggi siano totalmente pacificati con sé stessi o che non assumano comportamenti ambigui. Non ci sono cattivi patentati, ma nessuno e immune dalla falsità d’atteggiamento. In fondo, il personaggio che ne esce meglio di tutti è proprio il dottor Rémy Germain, il bersaglio principale del Corvo, il centro propulsore da cui tutto il suo piano malefico ha avuto inizio. Lui è veramente come appare, senza veli e senza mediazioni : freddo per costituzione caratteriale, scontroso per scelta e anaffettivo per convinzione. Anche le menzogne che avvolgono la sua vita professionale presentano una traccia sentimentale non riscontrabile altrove. Insomma, una personalità controversa che però svetta con la sua onestà intellettuale sui doppiogiochismi messi in atto dai suoi mediocri concittadini.

Henri-George Clouzot si è liberamente ispirato a dei fatti realmente accaduti (nel 1917) nella piccola cittadina francese di Tulle per raccontarci una storia dalle fosche tinte funeree. Un film che scorre come divertito verso le amare conclusioni ricavate sulla natura umana. Con un’ottima caratterizzazione dei personaggi, un coinvolgente intreccio narrativo, un ritmo serrato e dei dialoghi sufficientemente taglienti. Un grande film di un maestro.     

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