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Inseparabili

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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La recensione su Inseparabili

di logos
9 stelle

L'anti Edipo dell'unità indivisa

 

Il doppio in Cronenberg è sempre una dinamica fondamentale nelle sue opere: maschio e femmina, davanti e dietro, esterno e interno, identità e alterità, occidente e oriente, allucinazione e realtà; sono polarità che sostanziano il suo lavoro per certi versi caratterizzato dal senso della lacerazione, organica e psichica, dell’esistenza. Non è la sua un’apologia o una critica della lacerazione, ma un’analitica presa d’atto della frammentarietà a cui è ridotta l’esistenza, senza volerla umanisticamente ricomporre, ma riprendendola così come essa si dà, senza moralismi, per meglio far sentire la drammaticità della follia convenzionale di essere apparenti unità complete, e in modo da far emergere il grido disperato, senza possibilità di soluzione, della mutilazione latente, che inevitabilmente ci assale, anche se a tutti i costi facciamo finta che non sia nulla o che non abbia neanche diritto di esserci. E invece c’è, nel nostro recondito, e Cronenberg sa parlare sapientemente a questo recondito, a questa frammentarietà che viene a tutti i costi dissimulata. Siamo doppi e pensiamo di essere uno, pensiamo di essere uno ma siamo doppi: non abbiamo via di scampo, e da qui le ferite, le lesioni, che emergono silenti, sopraggiungono e ci destano fino a stordirci attraverso un onirico che è più reale del reale.

 

Emblema di questa struggente condizione insanabile è l’opera Inseparabili.

Prima di proseguire, vorrei essere più preciso sulla questione dell'unità convenzionale e della frammentarietà recondita, per evitare equivoci e a prezzo di qualche brutto schematismo.

Quando parlo di unità convenzionale mi riferisco al senso di identità consapevole che ciascuno ha di sè e di ciò che è altro da sè. Per dirla in breve è l'unità logico-razionale del principio di non contraddizione. Questo principio di determinazione divide per unificare, e unfica per dividere. Unisce gli identici e separa i diversi, dal momento che A non è non-A.  Il recondito invece è l'unità indivisa, che non si articola, ripete se stessa divorando ogni distinzione, come un'ossessione che non accetta alcuna forma di negazione o di differimento, obbedendo solo al principio di piacere e non di realtà. La ripetizione dell'unità indivisa nel principio di piacere, nella misura in cui viene esposta al principio di realtà e di non contraddizione, è lacerata e mutilata, perchè qualunque suo inevitabile differimento, provocato dalla realtà vivente, diventa un'insopportabile ferita narcisistica, dalla quale si ritrae cercando rifugio nel proprio morire, come sfogo liberatorio da ogni ulteriore sforzo sollecitato dalla realtà medesima. L'unità convenzionale della logica quindi distingue e differisce secondo il principio di realtà, mentre l'unità indivisa del recondito vuole solo se stessa, a costo di ammutolirsi e lacerarsi se a contatto con l'unità convenzionale.

Certo, in una condizione esistenziale equilibrata queste due unità devono in qualche modo dialogare, e grazie a questo dialogo si costruiscono quei simboli imponenti che strutturano la nostra cultura, nella quale la lacerazione trova la sua espressione in una forma che al tempo stesso articola l'unità indivisa senza distruggerla. Cronenberg, tuttavia, mette in guardia che non sempre le cose funzionano in questo modo, non sempre il dialogo risulta convincente, la forma diventa più esigente distruggendo l'unità indivisa del recondito, oppure è questa stessa unità indivisa che deborda dalla forma. In entrambi i casi ne emerge un'esistenza sconfitta e confusa, lacerata nello psichico allucinato, che prima o poi trova il proprio piacere almeno nello sparire, evitando l'ulteriore sforzo di vivere.   In-separabili è il racconto di questo dramma esistenziale, in cui  l'unità convenzionale e l'unità indivisa premono per un dialogo, che però fallisce inesorabile nella materia psichica del delirio, a causa di un forma sempre più esigente, che fa della cultura, in particolare quella occidentale, il limite ambiguo e diabolico (ciò lo si vedrà meglio nel Pasto nudo in M. Butterfly), perchè da una parte sprigiona il recondito, ma solo per distruggerlo, per favorire l'efficienza della civiltà.

 

Beverly ed Elliot Mantle, due gemelli monozigoti, che sin dall’infanzia sognano una vita acquatica per evitare la riproduzione sessuale (perché essendo gemelli fino al midollo si completano), costituiscono un’unità androgina che li costringe a vedere la sessualità come una qualità accidentale degli umani, provocata dalla vita terrestre. Ma proprio perché il sesso è qualcosa per loro di accidentale, se non addirittura un incidente della vita evolutiva, si predispongono a studiarlo, a circoscriverlo e oggettivarlo, fino a diventare degli esperti ginecologi. Nella loro condivisione a 360 gradi, anche il sesso etero finisce per avere un ruolo, ma totalmente riassorbito nella loro sfera omoerotica, in quanto si scambiano le avventure sessuali, senza che sia messa in discussione la loro propria unità indivisa. Assistiamo a un dialogo stupefacente tra l'unità recondita e quella convenzionale, tanto che i due gemelli costituiscono una vera e propria opera d'arte, che ottiene il riconoscimento della comunità scientifica per i successi conseguiti nella loro infaticabile ricerca medica. Sono una potenza inarrestabile e socialmente acclamata, ma può durare un dialogo così clamoroso sotto l'egida dell'unità indivisa? No, perchè la realtà avanza e richiede genitalità condivisa e finalizzata, nell'incontro maturo e paritario con l'altro sesso, così come vuole un rapporto di coppia tra un uomo e una donna, finalizzato alla procreazione.

Tutto prosegue dunque nel migliore dei modi, ma solo fino a quando uno dei due, forse il più sensibile, Beverly, si innamora dell’attrice Claire.

 

Anche qui il discorso si complica. La donna che entra nella loro vita non è come le altre; innanzitutto è un'attrice e come tale convive con il suo proprio doppio, tra verità e finzione, e in più non può procreare per via di un’anomalia anatomica (utero triforcuto). Per queste sue qualità mette a dura prova le potenzialità scientifiche dei gemelli, per cercare una soluzione alla sua propria procreazione, ma intanto ne gustano il corpo. In questo gioco abbiamo due gemelli uniti per la pelle autosufficienti da una parte, e, dall’altra, una donna che, non potendo procreare, è costretta ad abbandonarsi all’eros, con la speranza miracolosa che qualcosa possa succedere.

 

Da ambo gli schieramenti, i gemelli da una parte, l’attrice dall’altra, si ripropone una sessualità bloccata, lacerata, che non può essere trascesa, che resta avviluppata nelle trame del narcisismo autarchico, e in questo senso diventa una sessualità refrattaria, perversa, capace, proprio per la sua assenza di finalità, di far saltare l’unità convenzionale  ma anche recondita dei gemelli. Il dramma è tutto qui: la sessualità polimorfa, proprio perché non finalizzata, finisce per scombinare l’unità convenzionale dei gemelli, i quali si ritrovano a fare i conti con la loro unità indivisa e recondita fino a lacerarsi per rimanere tale, a cospetto di una donna che finisce per assumere la figura diabolica della scissione.

 

Il fatto che Beverly si innamori perdutamente della donna, a differenza di suo fratello, è solo la punta di un iceberg, per segnalare che l’unità dei due fratelli rappresenta una sessualità altrettanto perversa, che unita con quella della donna finisce per distruggere tutti gli equilibri convenzionali, in cui la perversione/lacerazione veniva dissimulata. Beverly si unisce morbosamente a Claire, fino a diventare geloso che la tradisca, fino a perdersi nella tossicomania, giungendo, per trasposizioni allucinatorie, a vedere in ogni organo femminile qualcosa di anomalo, di mutante, che lo condurrà a progettare strumenti ginecologici per donne mutanti, portando alla rovina il prestigio della professione ginecologica sua e di suo fratello. Elliot, non sapendo più come gestire l’allontanamento psichico tossicomanico del fratello, si propone di riportarlo alla normalità, ma capisce che nel fare questo non è sufficiente sottoporlo a qualche periodo di astinenza, ma, andando anche in profondità, deve ripercorrere la tossicodipendenza di suo fratello per poter entrare in una sintonia che li ha sempre supportati.

Quando Claire ritorna dopo dieci settimane da un suo lavoro sul set, ritrova il proprio innamorato in uno stato di estrema disperazione. Lo accoglie nella sua casa, gli procura nuove sostanze psicotrope per togliersi l’astinenza a cui era stato sottoposto dal fratello, ma intanto, passando i giorni, Beverly avverte la mancanza del fratello. Decide di ritornare a casa da lui, ma lo ritrova in condizioni devastate: praticamente Elliot è diventato tossicodipendente come Beverly. In una notte passata insieme a intossicarsi, compiono il loro compleanno, o meglio il loro ultimo giorno, ma anche il loro primo definitivo giorno, di fratelli siamesi. Il loro dialogo è ispessito di un’atmosfera ovattata e lisergica, regrediscono a uno stato infantile, si comportano come bambini che hanno perduto la loro maschera di adultità e ne sono vagamente consapevoli in maniera straziante e attutita. In tale atmosfera si consuma la loro separazione finale tramite gli strumenti ginecologici per donne mutanti, in modo da consumare la loro uniità convenzionale per far rinascere la loro unità indivisa, una rinascita che, a questo punto, si identifica tout-court con la loro stessa morte.

 

Qui abbiamo una sequenza aggrovigliata di lacerazione, perversione, sessualità bloccata, autoreferenziale e mortifera, che non può sopravvivere a se stessa se venisse davvero completata con l’alterità. L’alterità, l’unione genitale matura di un uomo e di una donna, finisce per essere lo scacco diabolico, contro un’unità indivisa, costretta a regredire e a massacrarsi di fronte al principio di realtà e della vita, per provare il piacere nell'unica forma possibile, che è quella della morte.

Per Cronenberg l’eros è narcisistico, sconfina nella morte, intesa come nirvana, come assenza di divisione, perché quasi tutti i protagonisti di questo grande maestro soccombono di fronte alla molteplicità della vita e del reale.

 

L’antiedipo psicotico è uno spettro che si aggirava per il mondo occidentale, che con la sua efficienza ha dovuto imprigionarlo nella finzione della sublimazione, lasciargli solo lo sfogo allucinatorio dell’interzona incorporata, luogo prezioso per produrre talenti che fanno sognare, ma che il mondo normale divora per sfoggiare la sua maturità efficiente denominando il suo pasto quotidiano, tra la testa e gli occhi, con la parola cultura (Il pasto nudo), che plasma il mondo a sua immagine e somiglianza, per celebrare l'unità convenzionale del principio di non contraddizione contro ogni sussulto anti-edipico anti-borghese e anti-totalitarista collettivista (M. Butterfly).

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