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Un chien andalou

Regia di Luis Buñuel, Salvador Dalì vedi scheda film

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La recensione su Un chien andalou

di Darjus
8 stelle

Un oscuro viaggio nella mente dell’uomo, dove frammenti di terrore albergano, diacronicamente e senza costrutto, in un’alacre ricerca di un padrone, pronti a spargersi nella realtà come milioni di formiche sanguinanti. Capostipite del surrealismo di celluloide, ma non capolavoro cinematografico. Storicamente importante, perché costituisce l’avant-gard del cinema surrealista e dà il via alla carriera di un grande regista, qui aiutato nella sceneggiatura dal giovane pittore Salvator Dalì e finanziato dai risparmi di famiglia. Straordinario da un punto di vista visivo e come trasposizione figurativa dell’incubo. Notevole per i simbolismi, che non sempre hanno un corrispondente logico, e per l’anarchia narrativa e comunicativa. Maggiormente visibili sono i riferimenti a: gli ostacoli del conformismo cattolico/borghese nell’unione uomo-donna, l’inevitabilità della violenza, l’istinto alla disubbidienza ed il complesso d’Edipo di Freudiana memoria. Memorabile la scena dell’occhio: nella quale lo stesso Buñuel recide a metà un bulbo oculare, usando un rasoio. ***½

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